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Quando un arameo diventa un Arab Idol

Anche il mondo arabo ha i suoi X Factor, The Voice, America’s got Talent, American Idol, i talent show musicali che dagli States hanno diffuso il loro modello in mezzo mondo. Ma non è questa la notizia: ciò che ha attirato l’attenzione dei media è che a vincere la quarta edizione di Arab Idol, la gara più importante, nella serata del 25 febbraio, è stato un giovane cristiano palestinese appartenente alla minoranza siriaca.

Già nell’edizione del 2013 aveva vinto, contro ogni aspettativa, un palestinese, nato e cresciuto in un campo profughi nella Striscia di Gaza. Anche quest’anno il vincitore, il ventitreenne Yacoub Shaheen, aveva una storia e delle radici particolari, che ha voluto più volte esprimere nel corso della competizione, dedicando la sua vittoria al suo paese: figlio di un falegname, è nato a Betlemme, cittadina che ha quasi il 50% di cristiani (contro la media del 2% nel resto del paese, ma in costante diminuzione).

Yacoub fa parte della comunità aramea, in cui è da sempre molto attivo, ed è diacono della Chiesa siriaca. Questa chiesa ortodossa, una delle tredici chiese cristiane in Terrasanta, utilizza come lingua liturgica il siriaco, un idioma appartenente all’aramaico, e fa capo al patriarca siro-ortodosso di Antiochia, con sede a Damasco, ma i circa due milioni di fedeli sono presenti in tutto il mondo, e questo ha decretato il successo senza precedenti del giovane cantante.

Yacoub però non ha mai pensato di diventare professionista, pur praticando da sempre la musica in chiesa, ai matrimoni e nei concerti di Natale alla chiesa della Natività, e pur avendo seguito per due anni i corsi al Conservatorio nazionale «Edward Said».

Con le sue capacità ha sorpreso e convinto giudici e spettatori, interpretando un testo di Imru l-Qays, poeta arabo del VI secolo considerato un po’ il padre della poesia araba.

Così ha vinto, sbaragliando nella finale il compatriota Amir Dandan e lo yemenita Amar al-Azaki, e prima di loro altri ventidue candidati provenienti da Egitto, Kuwait, Algeria, Libano e Iraq.

Il programma Arab Idol è seguito con passione da milioni di spettatori, non soltanto in Medio Oriente e nel nord Africa, ma anche in Europa e negli Stati Uniti, anche perché il concorso è aperto a tutti i cittadini dei paesi arabi, anche se residenti altrove.

A Betlemme centinaia di palestinesi sono quindi scesi in piazza per festeggiare la vittoria del loro concittadino; ma anche gli aramei sparsi per il mondo (circa 500.000 solo in Europa) hanno gioito per la vittoria di Yacoub, che ha dato visibilità a una popolazione ancora oggi discriminata e perseguitata. Con la sua presenza ma anche con un gesto simbolico piuttosto forte, l’incisione su una lastra, durante una puntata, della parola Seyfo, cioè spada in aramaico. La stessa parola usata dagli aramei (o siriaci) per definire il genocidio operato contro di loro dal governo dei Giovani Turchi nel 1915: un massacro tuttora piuttosto controverso e negato nel mondo arabo, specie in Turchia.

La sua vittoria però è stata per molti innanzitutto quella di un Palestinese, e l’emozione suscitata anche di fuori dei suoi piccoli confini ha ricordato quanto sia ancora fortemente sentita nel mondo arabo la questione palestinese.

Immagine: Di Frédéric Rodrigo – [1], GPL, Collegamento