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Immane crisi dei rifugiati in Uganda

«Questa è la più grande crisi dei rifugiati in Africa, e la terza più grande del mondo. Quante migliaia devono arrivare, e quante persone devono morire prima che la comunità internazionale si svegli?» – chiede con rabbia Jesse Kamstra, rappresentante della Federazione luterana mondiale (Flm) in Uganda.

Per mesi il suo team e il personale delle organizzazioni partner hanno gestito il flusso di rifugiati che dal Sud Sudan sono giunti nel Nord Uganda, con picchi pari a circa 6.000 persone al giorno. «I numeri sono enormi. È una sfida per qualsiasi organizzazione umanitaria soddisfare gli standard umanitari minimi, e noi non siamo disposti a fare compromessi su questo», dice Kamstra. «Ulteriori risorse sono necessarie per garantire un riparo, dell’acqua, dei servizi igienici e la protezione per coloro che fuggono dalla violenza nel Sud Sudan».

Delle 752.000 persone che sono fuggite dal Sud Sudan in Uganda, più di 350.000 sono sostenute dalla Flm, presente nel campo profughi di Palorinya che, originariamente progettato per 50.000 persone, attualmente ne ospita più di 135.000.

Garantire la fornitura di acqua è diventata un’impresa, ma la più grande preoccupazione di Kamstra e la sua squadra è la stagione delle piogge, che inizierà nel giro di qualche settimana. «Abbiamo bisogno che la gente si stabilisca prima che inizino le piogge, altrimenti sarà un disastro», dice.

La maggior parte dei rifugiati fuggono da zone teatro di pesanti combattimenti, altri fuggono dalla carestia. Intere famiglie si spostano in bicicletta, in moto o semplicemente a piedi, con galline e capre, portando sulle loro teste materassi, coperte, pentole.

Anche la Flm partecipa con una sua postazione alla prima fase di accoglienza nel campo di Palorinya, dove vengono segnalate le persone più vulnerabili: anziani, donne incinte, vittime di violenza di genere e bambini non accompagnati.

Il personale della Flm lavora senza sosta dall’inizio di dicembre, quando i combattimenti in Sud Sudan si sono intensificati e il numero dei rifugiati è cominciato a salire. «Sono molto grato per il duro lavoro e la dedizione con cui stanno lavorando», ha affermato Julius Kibet, leader del team luterano che gestisce l’intervento della Flm a Palorinya. «Ma il numero del personale è limitato, la fornitura di beni di prima base è in ritardo e abbiamo bisogno di maggiore approvvigionamento idrico e di servizi igienico-sanitari».

Immagine: LWF/C. Kästner