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Senza giornalisti, in Papua la tragedia è oscurata

I membri di una coalizione internazionale di chiese hanno chiesto il 22 febbraio scorso all’Indonesia di aprire l’accesso ai giornalisti internazionali in Papua Occidentale, agli osservatori indipendenti e alle organizzazioni per i diritti umani come la Croce Rossa Internazionale (Icrc).

La richiesta è giunta in seguito ad una Consultazione internazionale promossa dal Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) per verificare la difficile situazione in cui versa la Papua Occidentale, presso il Centro ecumenico di Ginevra.

Peter Dimostrare, il direttore della Commissione delle Chiese per gli Affari internazionali (Ccia), insieme al segretario generale del Cec, Olav Fykse Tveit, ricordando una sua visita in Papua nel 2012 che: «già allora la lotta per i diritti umani e per il popolo della Papua fu una nostra priorità. Oggi più che mai esortiamo la fine delle violenza e delle impunità attualmente in corso e ribadiamo la richiesta di giustizia sociale ed economica e di un dialogo serio per giungere a un processo politico concreto che miri ad affrontare e risolvere quanto prima le cause che sono alla radice degli attuali problemi della popolazione della Papua occidentale».

La Papua Occidentale è oggi una provincia dell’Indonesia che conta una popolazione di quasi un milione di abitanti.

La tavola rotonda indetta dal Cec ha accolto anche molti sostenitori della società civile, esperti di diritti umani e diplomatici per raccontare e analizzare il processo che ha portato all’attuale situazione e far emergere le continue violazioni dei diritti umani in atto e far giungere le richieste della società civile internazionale in vista della 34a sessione del Consiglio dei diritti umani che si terrà dal 27 febbraio al 24 marzo.

Victor Mambor, della Coalizione papuana per i diritti umani ha ricordato che la società civile e la Coalizione per l’applicazione della legge in Papua occidentale già da molto tempo chiedono attraverso una serie di raccomandazioni al governo indonesiano di porre fine alle violenze e di poter permettere agli osservatori internazionali di poter entrare nel territorio garantendo il libero accesso a giornalisti e alle associazioni che operano per i diritti umani: «in modo che i dirigenti della polizia e i militari responsabili di violazioni dei diritti umani nella Papua Occidentale siano perseguibili attraverso processi pubblici ed equi, che a loro possano essere comminate appropriate condanne, ed ancora che possa essere previsto un risarcimento per riabilitare tutte le vittime di abusi».

Jochen Motte della Missione Evangelica degli Stati a Wuppertal in Germania, ha poi ricordato che: «insieme al Cec, come partner in Papua nel 2005, la “Rete della fede” è stata in grado di pubblicare uno studio dedicato proprio ai diritti economici, sociali e culturali in Papua».

Francois Pihaate, segretario generale della Conferenza delle Chiese del Pacifico con sede a Fiji, ha ricordato quanto le chiese della Regione siano ancora oggi molto preoccupate per le continue violenze in Papua: «Come possiamo noi, in quanto chiese, ignorare ciò che sta accadendo al fuori del “nostro mondo”? Non possiamo. Tutto ciò che accade intorno a noi ci riguarda», ha concluso.

Denny Abdi, membro della missione indonesiana presso le Nazioni Unite a Ginevra, ha indirizzato il suo intervento sul numero di persone arrestate per motivi diversi: «oggi sono 4.996, già in passato avevamo chiesto al Presidente indonesiano, Joko Widodo, l’accesso per i giornalisti internazionali in Papua occidentale, richiesta che non è mai stata autorizzata.

«Non c’è fiducia tra il popolo della Papua occidentale e il governo di Jakarta, per cui non è possibile parlare a cuore aperto su ciò che sta accadendo”, ha detto un funzionario del gruppo chiese del Cec che opera in Papua occidentale.

«Siamo una chiesa che ha voce, e dunque dobbiamo parlare! Dobbiamo essere una Voce profetica che possa andare oltre i confini, le barriere e le censue», ha detto per parte sua Veronica Koman, della Papua Itu Kita con sede a Jakarta, e ha poi proseguito: «il governo indonesiano non intende affrontare il problema alla radice, ma il popolo della Papua occidentale non si fermerà mai, continuerà a far sentire la propria voce per ottenere la sua indipendenza».

Immagine: Rev. Francois Pihaate, general secretary of the Pacific Conference of Churches. Photo: Peter Kenny/WCC, via Oikoumene