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Le chiese d’Olanda unite contro i populismi

In vista delle elezioni di metà marzo, si è svolto lo scorso nei giorni scorsi all’Aja l’incontro sui “valori nella politica” organizzato dal Consiglio delle chiese olandesi, l’istituzione che raggruppa tredici chiese del paese in rappresentanza di 6.5 milioni di fedeli. Alla presenza del presidente del sinodo delle chiese protestanti, pastore Karin van den Broeke, e del vescovo di Rotterdam Hans van den Hende, presidente della Conferenza episcopale, sono convenuti a dibattito i candidati di quasi tutte le forze politiche. Ne abbiamo parlato con Fred van Iersel, professore di teologia cattolica alla Tilburg University che è capo del Comitato “Affari sociali” del Consiglio delle chiese olandesi.

Siete soddisfatti? Che tipo di dibattito avete organizzato?

Volevamo un dibattito aperto a tutti i candidati al Parlamento, una discussione incentrata sui “valori della politica” in relazione ai temi della povertà, all’integrazione e della pace. Per questo abbiamo invitato tutti i partiti che compongono il quadro politico nazionale, senza escludere nessuno. Hanno aderito una decina di questi, tra cui i popolari dell’attuale primo ministro Mark Rutte, i socialisti, i social-democratici, i laburisti e i verdi. Tutti i presenti hanno ribadito l’importanza dei valori democratici della nostra Costituzione. La maggior parte della politica olandese è ancora sana e avversa con argomenti democratici l’onda populista di Geert Wilders e del suo “Partito per la Libertà” (PVV). Wilders dice spesso di difendere le “tradizioni cristiane”, ma il suo partito non solo non era presente al dibattito, ma non ha nemmeno risposto alla nostra lettera di invito. Evidentemente anche se sostiene di avere un messaggio per le persone, non intende dialogare con le persone .

Eppure i suoi consensi aumentano… E’ possibile che anche in Olanda “il populista” vinca le elezioni?

Gli ultimi sondaggi attribuiscono al partito di Wilders circa 1/4 dei consensi; se così fosse, il PVV potrebbe forse divenire il primo partito, ma i suoi numeri non basterebbero a formare alcun governo, e non troverebbe altri partiti disponibili a collaborare alla formazione della maggioranza. Personalmente, soprattutto dopo l’incontro di ieri, sono convinto che non riuscirà a vincere.

Come spiega il successo del populismo nel suo paese, a lungo simbolo della laica e moderna civiltà europea?

L’Olanda è sempre stata celebre per la sua apertura. Oggi tutta Europa conosce il nome di Wilders, ma intanto, nello stesso paese, il sindaco di Rotterdam continua a essere Ahmed Aboutaleb, e la presidente del Parlamento Khadija Arib: due musulmani di origine marocchina. Io credo che negli ultimi anni il paese si sia arreso all’individualismo. L’insicurezza e il senso di smarrimento derivanti da una concezione individualista della vita, combinati alla crisi europea hanno finito per rilanciare il dibattito sull’identità nazionale, mettendo in secondo piano i diritti umani e il multiculturalismo che fanno parte della nostra storia.

Di fronte a tutto questo, le chiese olandesi si sentono unite?

Protestanti e cattolici sono uniti nel contrapporsi a questa deriva. Proprio durante il dibattito di ieri è emerso come questa coalizione interconfessionale stia nuovamente prendendo corpo. Devo dire che in tal senso abbiamo illustri precedenti storici: ci siamo già mostrati uniti durante la Seconda Guerra mondiale e contro l’apartheid in Sudafrica. Già il 23 gennaio scorso il Consiglio delle chiese olandesi aveva convocato un dibattito sul populismo: una preoccupazione che accomuna tutte le chiese, protestanti e cattoliche che siano. Al termine dell’incontro il Consiglio ha pubblicato una dichiarazione che denuncia il clima malsano in cui si svolge il dibattito politico, un fatto dovuto soprattutto alla presenza del partito di Geert Wilders ma non solo.