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17 febbraio: una festa per la laicità che interroga la politica

La giornata per la laicità, la libertà di pensiero e il pluralismo religioso: questa è per molti italiani la festa del 17 febbraio. Una festa che si vorrebbe nazionale e che è ancora in attesa di una risposta dal mondo istituzionale… Così come si attende da tempo una legge sulla libertà religiosa che faccia chiarezza su di una materia affrontata spesso in modo superficiale e strumentale.

Per interrogare le istituzioni (locali e nazionali) e ragionare insieme sulla gestione del territorio in cui convivono fedi e culture diverse, la Consulta milanese per la laicità delle istituzioni ha organizzato un dibattito pubblico a Palazzo Marino, venerdì 17 febbraio alle 18.

La Consulta riunisce dal 2008 più di 20 associazioni milanesi: come spiega Samuele Bernardini del Centro culturale protestante, tesoriere della Consulta e moderatore della tavola rotonda, «tra i fondatori ci sono protestanti, ebrei, cattolici, liberali, socialisti, non credenti, che hanno cominciato a incontrarsi soprattutto sulla spinta del caso Englaro, che a Milano è stato molto sentito: in quel periodo è emersa la necessità di riprendere il tema della laicità delle istituzioni. Dal 2009 la consulta propone due incontri pubblici, di solito nelle sedi istituzionali, il 17 febbraio e il 20 settembre, due date particolarmente sensibili per rendere questo discorso pubblico sulla laicità delle istituzioni».

La dimensione pubblica, politica, è suggerita anche dal titolo dell’incontro: Libertà religiosa in Italia. Tra diritti costituzionali e governo del territorio. Una città plurale perché laica. Un titolo che riporta subito alla mente il dibattito intorno alle cosiddette leggi antimoschee, è così?

«Riprendiamo un tema affrontato nell’incontro di due anni fa: la legge lombarda è stata ripresa dal Veneto e dalla Liguria, che l’hanno resa meno attaccabile dal punto di vista costituzionale, anche in seguito al ricorso fatto dal Governo contro quella lombarda. Da allora la situazione in Lombardia si è complicata per tutte quelle comunità religiose che non hanno un rapporto chiaro con lo Stato, sono prive di un riconoscimento pubblico, perché manca un quadro nazionale di riferimento che una legge sulla libertà religiosa garantirebbe. Infatti il taglio dell’incontro di quest’anno è “dal nazionale al locale”: vogliamo mettere a fuoco la necessità di arrivare al più presto a una legge aggiornata che tenga conto della situazione di oggi e dei risvolti che tale legge avrebbe nella gestione del territorio e su alcune questioni, favorendo il rapporto tra le istituzioni e le comunità religiose che ormai si trovano numerose in tutte le città italiane».

Anche quest’anno i partecipanti alla tavola rotonda riuniscono la dimensione istituzionale e quella del dibattito sulla libertà religiosa: di chi si tratta?

«Interverranno il professor Alberto Fossati (professore di Diritto pubblico e Legislazione sociale all’Università Cattolica di Milano, ndr) e l’avvocata Ilaria Valenzi, valdese, membro della Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato della Fcei, che segue il gruppo di lavoro che sta preparando la proposta di legge sulla libertà religiosa che dovrebbe essere pronta in aprile. Saranno inoltre presenti la vicesindaca del Comune di Milano, Anna Scavuzzo, e Diana De Marchi, consigliera comunale e presidente della Commissione consiliare Pari opportunità e diritti civili, e poi speriamo nella presenza dei consiglieri comunali, che aiuterebbero a convincere il Consiglio a impegnarsi in un progetto che è un po’ la sorpresa di questo incontro…»

Può spiegarci di che cosa si tratta?

«Proporremo pubblicamente ai membri del Consiglio comunale (alcuni li abbiamo già contattati) un ordine del giorno che invita il Governo e il Parlamento a legiferare, senza indugiare oltre, perché Milano ha bisogno di un quadro generale per risolvere i problemi. Sarebbe significativo che il Consiglio prendesse atto di una situazione complessa che si fa fatica a risolvere in maniera positiva per la mancanza di una legge nazionale».

L’ordine del giorno esprime la volontà di dare un contributo concreto alla politica locale: nello specifico, che cosa chiede?

«In primo luogo chiede al Parlamento e al Governo di legiferare sulla libertà religiosa in modo che Comuni e Regioni abbiano un quadro generale certo entro cui operare, da un lato risolvendo le questioni legate ai luoghi di culto, dall’altro a relazionarsi correttamente su altri temi con le comunità di fede presenti; in secondo luogo chiede alla Regione Lombardia di approvare una legge sull’uguaglianza religiosa che nell’ambito delle proprie competenze elimini ogni distinzione e discriminazione religiosa dalle politiche regionali; infine impegna il Comune e i Municipi a perseguire una concreta politica di eguaglianza religiosa nel trattamento delle comunità presenti.

Il nostro obiettivo è fare alzare lo sguardo del Consiglio dal livello locale a quello nazionale, per poi tornare al proprio territorio in modo più coerente. Se ci sarà un seguito, sarà la prima volta che un’istituzione di un certo livello si pronuncerà sul tema della libertà religiosa: dal momento che non è detto che la proposta di legge che sarà presentata in aprile venga discussa e approvata in questa legislatura, pensiamo che un ordine del giorno del Consiglio comunale di Milano (e magari di altri Comuni) potrebbe “dare una spinta”».

Immagine: Di Olga Itenberg – originally posted to Flickr as _MG_5390.jpg, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3805457