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Kurt Marti: teologia, letteratura e impegno nella società

Sabato 11 febbraio si è spento a Berna il poeta e pastore svizzero Kurt Marti. Aveva compiuto 96 anni lo scorso 31 gennaio.

Nato in una famiglia borghese (il padre era notaio), Marti inizia a studiare giurisprudenza, poi passa alla teologia, negli anni a cavallo delle II guerra mondiale. Naturalmente è molto importante, per lui, l’influsso di Karl Barth, che dal 1935 è attivo a Basilea, dopo essere stato espulso dalla Germania per le sue posizioni politiche. Dopo il vicariato, inizia in ministero pastorale nel 1950 e, nello stesso anno, sposa Hanni Morgenthaler: la coppia avrà quattro figli.

La produzione letteraria inizia nella seconda metà degli anni ’50, così come l’impegno politico, dapprima nel movimento contro l’armamento atomico della Svizzera. Gli anni ’60 vedono la sua affermazione come poeta di livello nazionale e internazionale, la partecipazione al movimento contro la guerra americana nel Vietnam, la collaborazione alla rivista protestante svizzero-tedesca Reformatio. Dal 1961 è pastore presso la Nydeggkirche, nel centro storico di Berna. Nel quadro della cultura e del mondo ecclesiastico svizzero, Marti rappresenta una voce critica e molto discussa. La sua notorietà non gli evita fasi difficili anche nella sua attività pastorale, in particolare per quanto riguarda il tema del rapporto tra predicazione e impegno sociale della comunità. Insieme ad altri scrittori politicamente critici, esce dall’associazione svizzera dei letterati, a causa delle posizioni conservatrici della dirigenza, e fonda il «Gruppo di Olten». Si moltiplicano i premi letterari per le sue raccolte di poesie, racconti, aforismi.

Nel 1972, la Facoltà teologica di Berna vorrebbe conferirgli un incarico di insegnamento dell’omiletica, ma il progetto viene vanificato dall’opposizione del governo cantonale, che vede in Marti un pericoloso oppositore di sinistra. Tra le altre polemiche politiche che lo vedono protagonista, si segnala quella che lo oppone all’esponente liberalconservatore zurighese Ernst Cincera, noto come «il cacciatore di sovversivi». Nel 1977, la stessa Facoltà teologica bernese, a parziale risarcimento della mancata nomina, conferisce al poeta un dottorato honoris causa in teologia.

Nel 1983 termina il servizio attivo come pastore e si moltiplicano i viaggi e le letture pubbliche delle sue poesie. L’attività letteraria si arricchisce di testi per opere musicali, tra le quali l’oratorio Sunt lacrimae rerum (con Dorothee Sölle e Adolf Muschg) e la Kurt Marti Suite, con musiche di Chris Walden. Un durissimo colpo è costituito dalla morte, dopo una lunga malattia, della moglie Hanni, nel 2007: una testimonianza di questa esperienza di dolore è costituita dagli aforismi raccolti nel volumetto Heilige Vergänglichkeit (Santa caducità, 2010).

La rivista delle Chiese riformate svizzere bref ha dedicato a Marti il suo ultimo numero. L’articolo di apertura, di Clara Obermüller (collaboratrice della Neue Zürcher Zeitung, un giornale col quale Marti ha polemizzato con durezza, cordialmente ricambiato) si conclude citando il poeta: «Non mi fa paura la morte, bensì il morire, in un corpo ancora vivente». E l’autrice commenta: a 96 anni, «egli attende ancora la morte liberatrice». L’attesa si è conclusa.

Nel 2001, la casa editrice Crocetti, di Milano, ha pubblicato, a cura di Annarosa Zweifel Azzone, la raccolta di poesie Orazioni funebri. una sorta di Spoon River protestante e politicamente di sinistra. Per alcuni aspetti è un’opera datata, con un inconfondibile aroma «anni Sessanta» ma resta, in ogni caso, un testo estremamente significativo, anche se qualche germanista nostrano ha ritenuto di accoglierlo con disprezzo.

Nel 2014, la Claudiana ha pubblicato La passione della parola DIO, che raccoglie testi con riferimenti biblici e cristiani espliciti. Nella parola ruvida, sincopata, di Marti si esprime una fede critica, ricca di domande e parca di risposte, non sistematica ma teologicamente responsabile. Egli ha sempre coltivato, a esempio, una passione per la dottrina cristiana della Trinità: non per le sue sfumature filosofico-dottrinali, bensì per il suo nucleo centrale, che presenta Dio come relazione aperta. In questo quinto centenario della Riforma, viene spontaneo leggere questo autore protestante nello spirito dell’annuncio di libertà del XVI secolo: una fede assolutamente non scontata, allergica ai pii luoghi comuni, anche a quelli simpatici e superficialmente progressisti, concentrata sull’interrogazione che scaturisce di fronte al Crocifisso. Come mi diceva una persona a me cara, non credente, alla quale avevo più o meno imposto la lettura de La passione della parola DIO: «ognuno fa le sue scelte, ma è un autore che bisognerebbe leggere».

Viatico

con noi

la passione per il mondo

del padre

per noi

l’amore per i nemici

del figlio

davanti a noi

la femminile santità

del loro spirito

intorno a noi

la vitalità trinitaria

di dio