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L’impegno dei quaccheri attraverso L’American Friends Service Committee in Arizona

L’Arizona detiene una serie di record riguardanti le carceri niente affatto positivi: sesto, tra gli Stati Uniti, per numero di incarcerati in base alla propria popolazione, primo tra gli stati dell’ovest. È lo Stato che investe meno nel recupero e nell’inclusione sociale degli ex detenuti, ma tra quelli che spendono di più per il sistema penitenziario; quello in cui cresce maggiormente il tasso di recidiva, quello in cui il generale calo di reati contro la persona si percepisce di meno. In Arizona cresce il numero delle donne che finiscono dentro e il carcere, come e peggio che in altri stati, è il luogo dove si acuiscono le differenze razziali: solo il 3% della popolazione è afroamericana, ma nelle prigioni il 13% dei detenuti è afroamericano. Seguendo l’attuale trend, su quattro bambini neri nati nello stato nel 2016, almeno uno finirà arrestato prima di compiere 18 anni. L’Arizona ha una popolazione di circa sei milioni di abitanti e nel 2016 appena trascorso i detenuti condannati erano 42.902. A questi vanno aggiunti tutti coloro che si trovano in custodia cautelare e le persone in detenzione amministrativa. Un’enormità: basti pensare che nello stesso anno, in Italia, su 60 milioni di abitanti, il numero dei detenuti era di poco superiore alle 50.000 unità. L’Arizona, insomma, conferma quanto sostengono tutte le ricerche a livello globale degli ultimi decenni: un sistema penale fondato sull’aggravamento delle pene genera altra devianza: più carceri si costruiscono, più se ne usano. Meno si investe in misure alternative, più aumenta il numero dei detenuti, anche di fronte ad un progressivo calo dei crimini.

I dati provengono da uno studio recentemente pubblicato da Caroline Isaacs, una ricercatrice dell’American Friends Service Committee of Arizona, con sede a Tucson. Un centro studi dei Quaccheri. Abbiamo incontrato Caroline presso il centro studi per chiederle del suo lavoro: «l’AFSC ha una serie di centri studi sparsi per tutta la Nazione. Ci occupiamo di ricerca in ambito sociale ed economico: la pace e il disarmo, i cambiamenti climatici, le migrazioni, le emergenze sociali dei territori. Carceri e penalità sono temi estremamente scottanti, qui in Arizona. Il carcere e tutto ciò che gira attorno ad esso: la criminalizzazione dei migranti, la privatizzazione del sistema penale, le sperimentazioni riguardanti l’assistenza alle vittime di reato e la giustizia riparativa, sui quali siamo molto indietro». Il centro studi si autofinanzia, è in continua relazione con The University of Arizona, vive del lavoro di sei ricercatori e del volontariato di alcuni credenti. Tra essi, il pastore presbiteriano in pensione Ed Hunt, che anima sul tema un gruppo di lettura e di riflessione teologica presso la Good Shepherd, United Church of Christ di Sahuarita – Green Valley, a pochi km da Tucson. Due volte a settimana si reca presso i locali della AFSC di Tucson. Gli abbiamo chiesto in cosa consista il suo impegno e quando è cominciato. «Lo faccio da quasi cinque anni. Riceviamo tante lettere dai detenuti dello Stato, talvolta con richieste di materiale che se è a nostra disposizione e, compatibilmente con le leggi in vigore, inviamo loro. A volte desiderano solo parlare e raccontare di loro e della vita in detenzione, nelle nostre carceri particolarmente penosa. Inoltre mi occupo di tenere i contatti con familiari di detenuti che mi raccontano della loro tragedia». «Perché?» – gli abbiamo chiesto – «Perché un’organizzazione Cristiana si occupa di questi temi? Perché lo fai tu come credente?». «Gesù ha detto “fui in prigione e veniste a trovarmi”. Questo per me si traduce in un imperativo, in una vocazione all’azione. L’ufficio dell’AFSC di Tucson se ne occupa per rispondere a questo imperativo, lo stesso che nella Bibbia ci chiama a prenderci cura dell’orfano e la vedova. Io lo faccio perché voglio contribuire in un ambito dove so che la mia fede in Gesù Cristo può fare la differenza, per me e per i detenuti. La vedova e l’orfano sono per me i familiari dei detenuti, o delle vittime di reato che incontriamo. Persone rese più povere e più fragili da tutti noi, che investiamo miliardi di dollari in sbarre e non ci prendiamo cura di chi vive in una condizione di svantaggio».

Immagine: via Pixabay