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Un rifugio a Rorà

La mostra «Ebrei rifugiati scampati a Rorà» è esposta in questo mese di febbraio alla libreria Claudiana di Torino. Racconta le vicende di una famiglia di ebrei, i Terracini, che si rifugiarono a Rorà, in alta val Pellice, per sfuggire ai rastrellamenti dei nazifascisti e alle leggi razziali.

Abbiamo intervistato David Terracini, curatore della mostra:

«Si tratta di un’esposizione di disegni che mio padre, Lorenzo Terracini, fece durante la resistenza, nel periodo in cui lui, sua moglie e mia sorella, che allora aveva tra i 3 e 5 anni, trascorsero a Rorà sotto falso nome, per scampare alle persecuzioni razziali. Mio padre era scultore e con l’arrivo della guerra, non potendo più lavorare, passava le giornate facendo disegni, soprattutto paesaggi, vita contadina, vita partigiana: si tratta di ritratti, postazioni, rifugi, comandi. Sono disegni autentici e piuttosto rari, perché realizzati non a posteriori ma proprio durante quegli anni e testimoni di momenti reali. Nella mostra non sono esposti i disegni autentici, ma copie allestite su pannelli e commentate con testi classici di vari autori».

La storia della famiglia Terracini viene quindi raccontata attraverso i documenti custoditi e ricomposti dopo gli anni della guerra.

«Rimanemmo fino al 1943 a Luserna per evitare i bombardamenti a Torino – spiega ancora David – Per eludere i controlli mio padre cambiò il cognome in Ferraguti, parola facilmente modificabile da Terracini in firme e documenti. La mia famiglia rimase alla cascina «La Vernarea» per parecchio tempo: i proprietari furono molto gentili, lasciarono la camera da letto ai miei genitori e a mia sorella e andarono a stabilirsi nel fienile. A Rorà, oltre a loro, c’erano altre 5 famiglie di ebrei nascosti. Ovviamente quando si incontravano facevano finta di non conoscersi, e nessuno fece mai la spia».

Chi ospitava degli ebrei in casa rischiava grosso: viveva costantemente in una situazione di grande pericolo e perdeva anche ghiotte occasioni di premi e ricompense.

 

 

La comunità valdese si dimostrò molto solidale: le vicende storiche e le memorie di persecuzioni religiose simili favorirono aiuti e dimostrazioni di fratellanza.

Conclude David Terracini: «Quando mia madre rimase incinta di me e della mia sorella gemella, la famiglia si spostò nuovamente più in basso, tra Luserna e Torre Pellice, dove io nacqui. Finita la guerra mio padre tornò a lavorare a Torino, facendo il pendolare. Le sue sculture e il suo studio a Torino andarono però perduti nei bombardamenti».

Immagine: Di F Ceragioli – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=37466138