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Birmania. Ucciso noto avvocato difensore dei Rohingya

A distanza solo di due giorni torniamo ad occuparci della Birmania. Questa volta per raccontare la brutale uccisione di un noto avvocato che scuote il paese, in una fase delicata del suo fragile processo democratico.

Domenica 29 gennaio 2017 U Ko Ni, noto avvocato musulmano e consulente legale della Lega nazionale per la democrazia (Nld), il partito birmano guidato da Aung San Suu Kyi, è stato ucciso fuori dall’aeroporto di Rangoon da un uomo che gli ha sparato alla nuca da una distanza ravvicinata. L’assassino, il 53enne Kyi Lin, originario di Mandalay, nel centro del Paese, dopo aver ucciso anche un tassista che aveva provato a fermarlo, è stato arrestato e consegnato alla polizia che indaga sulle ragioni che lo hanno spinto a compiere il delitto.

La matrice religiosa potrebbe essere alla radice dell’uccisione di U Ko Ni. Ex prigioniero politico, come il premio Nobel Suu Kyi, era una personalità di primo piano della comunità islamica in una nazione a maggioranza buddista, che in diverse occasioni si era schierato contro le gravi atrocità subite dai Rohingya, gruppo etnico di fede musulmana tra le minoranze etniche più perseguitate al mondo, secondo i rapporti delle Nazioni Unite. L’avvocato si trovava all’aeroporto di Rangoon perché rientrava, assieme a una delegazione ufficiale birmana, da un viaggio in Indonesia, dove aveva parlato tra le altre cose proprio della questione dei Rohingya.

Accanto alla matrice religiosa, potrebbe esserci anche quella politica ad aver motivato l’assassinio. U Ko Ni, infatti, tra i principali consulenti nel campo delle riforme della giustizia, aveva più volte condannato la grande influenza che, ancora oggi, esercitano i militari sulla scena politica del Paese. Nonostante oggi la Birmania sia guidata da un partito laico e civile, il 25% dei seggi in Parlamento resta appannaggio dell’esercito e per ogni modifica costituzionale è necessario il benestare dei generali.

La doppia motivazione alla base della morte di Ko Ni emerge anche da una nota dell’Ong Christian Solidarity Worldwide (Csw), inviata a Fides, nella quale si ricorda che «U Ko Ni è stato uno dei musulmani più importanti in Birmania, sostenitore coerente della libertà di religione e dell’armonia interreligiosa. Era una voce rara tra i leader politici birmani alzatasi in difesa dei Rohingya perseguitati, che non sono riconosciuti come cittadini».

«L’assassinio orribile di U Ko Ni è un duro colpo per le prospettive di pace e la democrazia in Birmania – prosegue Csw –. Si priva il paese di uno dei suoi esperti costituzionali più competenti, la Lega nazionale per la democrazia (Nld) perde uno dei suoi consiglieri più stimati e la comunità musulmana uno dei loro sostenitori più importanti. Questo è un attacco diretto alla transizione democratica in Birmania».

Una rete di organizzazioni impegnate per la tutela dei diritti umani ha invitato il governo birmano e la comunità internazionale ad adottare misure concrete per contrastare l’intolleranza religiosa nel paese verso le minoranze etniche e religiose (soprattutto musulmani e cristiani).

Quest’uccisione rischia di minare l’equilibrio già molto precario del paese guidato da Aung San Suu Kyi, più volte criticata per non aver preso mai posizione sulla questione dei Rohingya.

Immagine: via istockphoto.com