battesimo

I non praticanti e il battesimo

«Direi che i battesimi richiesti da famiglie di non praticanti rappresentano circa il 99% del totale». Ha il tono della battuta mentre parla, ma dice la verità il pastore della Chiesa riformata Benjamin Corbaz della parrocchia di Savigny-Forel nel cantone di Vaud, in Svizzera. Sono assai numerose infatti le persone che non partecipano più ai culti e alla vita di comunità, ma che continuano a richiedere il battesimo per i loro figli, anche quando in seguito non li si farà partecipare ad un’educazione specificatamente cristiana. Una questione che interroga la chiesa in un tempo in cui a prevalere è soprattutto l’idea di una scelta di fede libera e indipendente dai rapporti con le istituzioni religiose, mentre il battesimo è un atto confessionale per eccellenza.

«Esistono due vie per spiegare il battesimo per i cristiani – spiega Olivier Bauer, professore di teologia pratica all’università di Losanna – . La prima considera che il battesimo sia segno della grazia di Dio. La seconda lo considera come un atto pubblico di ingresso nella Chiesa. Spesso le due visioni sono mischiate».

«Per molte persone quello che conta è il rito – prosegue Corbaz – . Concepiscono il battesimo come un rito di nascita, un’ occasione per riunirsi e festeggiare». Sul tema è più ampio il pensiero di Bauer: «Non vi sono nelle altre religioni riti coì strettamente connessi alla nascita, e questo spiega in parte il “successo” del battesimo. Quando si domanda a qualcuno se sia cristiano, questo nel rispondere fa solitamente riferimento al battesimo che evidentemente è un passaggio cruciale, un modo per ancorare i figli ad una tradizione familiare, ma senza un impegno eccessivo sul seguito».

Si tratta di un legame con la chiesa che può essere ritenuto insufficiente da quest’ultima. «Preciso sempre alle famiglie che il battesimo non è fine a se stesso, ma richiede un seguito – afferma Corbaz – . Seguito che spesso non c’è. Nella liturgia riformata il battesimo avviene prima che gli impegni siano presi. Si lascia ai genitori la libertà perché il battesimo è il segno della grazia di Dio, donata indipendentemente da qualsiasi contropartita. Ma in molti casi viene a mancare l’impegno a fornire un’educazione cristiana ai figli».

Quindici anni fa fece molto rumore il caso di un pastore che rifiutò di battezzare il figlio di genitori non praticanti, i quali reagirono con veemenza di fronte a quello che consideravano un diritto negato.

«La chiesa ha due alternative – conclude Bauer- : ripiegarsi sulle sue peculiarità e imporre le proprie condizioni oppure può dire che il battesimo è segno della grazia di Dio da distribuire ampiamente. Capita comunque che famiglie che si sono sentite ben accolte in una comunità parrocchiale inquesta occasione decidano di tornarvi. Direi che si tratta di una porta da tenere aperta e curare dal momento che pare uno degli accessi principali alle nostre chiese».

Immagine: via museeprotestant.org