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Possiamo dire che Dio sia un’ipotesi?

Il titolo di questo libro* attira subito l’attenzione. Ipotesi Dio: si racconta che il matematico Laplace, a una domanda di Napoleone, rispondesse: «Non ho bisogno di quest’ipotesi». Laplace non intendeva dire che la sua scienza non ha bisogno di ipotesi, perché la matematica è quella scienza che dichiara le proprie ipotesi. Questo libro ci propone di togliere il divino dalle angustie dell’intimità e dargli invece la parte che si merita tra le ipotesi su cui si basa il nostro ambiente complessivo. Il divino come idea necessaria: l’ipotesi Dio è «necessaria», non perché sia irresistibile, ma nel senso che è significativa in tutti i contesti, precisamente tutti quelli che sono esaminati nei vari capitoli del libro.

Giovanni Filoramo è stato professore di Storia del cristianesimo dell’Università di Torino. È noto per i suoi studi sul cristianesimo antico e sullo gnosticismo, una filosofia dualistica del mondo antico che è stata uno dei principale avversari del cristianesimo degli inizi (e lo è ancora, secondo Filoramo). È molto attivo nel campo editoriale con numerose direzioni editoriali e cura di opere collettive, tra gli altri il manuale Cristianesimo (Mulino 2000). L’attuale Ipotesi Dio si discosta sia dalla sua produzione accademica di ricercatore della storia delle religioni sia dalla sua attività di curatore editoriale e saggista. Ci spiega infatti dall’inizio che intende proporre un contributo su quello che alcuni autori hanno chiamato il «ritorno di Dio». Egli scrive con un generale atteggiamento di approvazione di questo ritorno e di resistenza all’ateismo aggressivo. Descrive questo «ritorno di Dio» in vari ambiti ma con un metodo, che unifica tutto il discorso, che è quello storico. Esiste una «storia dell’idea di Dio»? L’autore pensa di sì, e procede a ricostruire questa storia sviluppando una serie di schematizzazioni spesso originali, a volte sorprendenti, a volte spigolose nella loro estrema sintesi.

La discussione dell’idea di Dio e della sua storia è prima di tutto l’oggetto della filosofia. L’idea di Dio è poi intimamente associata con l’idea del suo inscindibile avversario, cioè il male. Filoramo dedica due capitoli a questa discussione, dove introduce i temi per lui cruciali. Il divino dei filosofi greci e il Dio unico degli ebrei entrano in relazione nella figura di Filone, filosofo di Alessandria d’Egitto contemporaneo di Gesù, che ha compiuto il lavoro di proporre un’esegesi delle Scritture di Israele basata sulla filosofia platonica, connettendo così i due mondi. Questo apre la strada alla discussione filosofica di una idea di Dio come totalmente potente, totalmente buono, conoscibile solo quando si rivela egli stesso tramite una scrittura che deve essere interpretata, l’idea che sarà poi discussa da tutta la filosofia occidentale fino a quella contemporanea. La principale negazione di questo Dio è data dalla presenza del male. Filoramo propone una sua ricostruzione della storia di questa opposizione tra i concetti di bene e male, dando un particolare risalto alla filosofie degli gnostici, con la loro tipica dottrina dualistica di due divinità, una delle quali negativa, che crea il mondo con il suo male. L’analisi arriva fino ai giorni nostri, dove spiccano i nomi di Karl Barth, Alvin Plantinga e Luigi Pareyson.

La successiva sezione del libro affronta i temi della storia della logica interna dell’idea di divino. In particolare il libro tratta diffusamente di un tema poco discusso, la relazione tra monoteismo e politeismo, sia nella storia sia nel mondo contemporaneo. In questa analisi inserisce anche le forme moderne di rapporto con il divino quali le varie forme di ateismo. Conclude questa sezione una lunga discussione sui problemi posti alla nostra società aperta dallo svilupparsi contemporaneo di varie forze contrastanti, tutte associate il ritorno della religione sia in forme tradizionali, ma in un contesto pluralistico, sia in forme nuove. A conclusione di questa sezione, l’autore suggerisce la rilevanza dell’idea di un Dio realmente pluralistico, come quello proposto dal teologo John Hick.

Gli ultimi due capitoli trattano di due fenomeni tipicamente contemporanei. L’obbiettivo del pluralismo religioso impone un ripensamento del concetto di divino nelle sue complicate relazioni con il tema della verità, che è tipico dei monoteismi abramitici e con il tema dei rapporti tra leggi civili e leggi sacre. Un altro ambito nel quale si assiste a un «ritorno di Dio» è il grande sviluppo di speculazioni filosofiche sul divino che provengono dall’ambiente della ricerca scientifica. Il libro in alcune parti copre temi che la pubblicistica filosofica ha largamente trattato, con argomenti simili, ad esempio, a quelli di Adriano Fabris, Filosofia delle religioni, Carocci (2012). Se ne discosta invece nel nell’uso sistematico di analisi storiche e nel suo affrontare direttamente una serie di tematiche più propriamente politiche.

L’impostazione di Filoramo è per molti versi distante dalla visione della presenza di Dio che hanno le chiese cristiane. Egli menziona solo marginalmente nelle sue schematizzazioni generali tanti temi che sono ritenuti cruciali nelle teologia cristiana, primo fra tutti la fede in un divino che si presenta come Cristo. Si può confrontare Fulvio Ferrario, professore della Facoltà valdese di Teologia di Roma, che nel primo capitolo del suo trattato Dio nella parola (Claudiana 2008), contesta proprio l’idea di una «ipotesi Dio necessaria». Ma, certamente, i due autori non intendono la necessità allo stesso modo, e, certamente, Filoramo non intende proporci un testo di teologia cristiana.

* G. Filoramo, Ipotesi Dio. Il divino come idea necessaria. Bologna, il Mulino, 2016, pp. 272, euro 20,00.

Immagine: Di Puccio Capanna, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2351772