pomodori

L’invisibilità dei braccianti pugliesi

In Puglia, pochi giorni fa, l’ennesimo rogo tra le baracche dei braccianti agricoli ha causato una vittima, un ventenne che stava dormendo nel cosiddetto “ghetto dei Bulgari”, tra Borgo Tressanti e Borgo Mezzanone, a una ventina di chilometri da Foggia. «Spesso si parla del ghetto di Rignano, della Pista o del ghetto dei Bulgari, che sono, per così dire, i più rinomati – racconta Erika Szilagyi, membro di chiesa della Comunità valdese di Foggia – ma nella zona ci sono piccoli ghetti dappertutto: dovunque esista un rudere esiste un accampamento. La situazione è gravissima. Abbiamo fatto ciò che si poteva come associazioni del territorio e come chiesa ci confrontiamo spesso su questa tematica».

Quali sono le condizioni delle persone?

«Il ghetto dei bulgari è il peggiore, c’è terra battuta al suolo e muri di cartone, lamiere e legna. Basta una scintilla per far bruciare tutto. Parliamo di una zona dove i braccianti sono tanti, ma non esistono strutture. Alcuni di loro sarebbero interessati ad affittare un appartamento o una casa, che però non ci sono, non hanno mezzi per spostarsi e hanno bisogno di vivere vicino ai campi. Se le autorità non intervengono con dei moduli abitativi la situazione non si risolverà. La chiesa cattolica ha un punto Caritas a Borgo Mezzanone, ma è molto piccolo, non riesce a far fronte al bisogno delle persone. Questa zona è abbandonata da tutti: Borgo Mezzanone sta a 40 km da Manfredonia, dalla quale dipende, e a 12 km da Foggia. Qui non arriva nulla, è una zona deserta dove non c’è niente. Questi ghetti sono l’unico scenario, sono situazioni di cui non parla mai nessuno».

Alcune associazioni intervengono?

«Le associazioni che operano sul territorio sono pochissime e lontane dai centri principali. Inoltre la possibilità di azione è limitata: dove c’è il ghetto dei bulgari, per esempio, è un terreno privato, e le possibilità sono poche, perché per esempio non si può portare l’acqua. Come chiesa valdese di Foggia ci stiamo occupando di un gruppo di migranti che sta in una fabbrica dismessa vicino a Foggia, e anche lì la situazione è brutta, non c’è nulla. Anche lì è difficile intervenire. Abbiamo paura di peggiorare la loro situazione».

Un ragazzo è morto pochi giorni fa, ed è uno scenario che accade spesso. Come reagiscono i dintorni?

«Purtroppo la situazione è triste, perché la gente inizia ad abituarsi. Sentiamo le sirene quasi tutte le settimane, che siano ambulanze o pompieri. Questa volta c’è stato il morto, che sia almeno uno stimolo per le autorità per mettere fine a questi campi e per trovare delle soluzioni idonee a esseri umani».

Quali sono le condizioni dei lavoratori?

«C’è uno sfruttamento totale di queste persone, che vengono solitamente pagate 3 euro per ogni cassone di pomodori da 150 kg, il che costituisce una reale riduzione in schiavitù. Inoltre, a differenza del passato molte persone rimangono qui anche durante l’inverno. Come se non bastasse in quel campo non c’è acqua né elettricità se non per dei piccoli generatori. Alle 5 del mattino le persone partono per i campi e nel pomeriggio vediamo le stesse persone a Borgo Mezzanone mentre caricano bidoni d’acqua potabile, non sempre con dei mezzi, ma anche a piedi con un carrello. Fanno 10 km per potersi lavare, cucinare e bere. Una situazione inumana».

E i minori?

«Quando i genitori lavorano, i minori sono lasciati da soli nel campo. La situazione minorile è la più triste: nel “ghetto dei bulgari”, per esempio, su 300 persone un terzo sono minori, che non vanno a scuola, né in Bulgaria né in Italia. Una generazione bruciata. Ci vorrebbe un modo per portare la scuola lì».

Avete dei progetti, come chiesa?

«Pensavamo di creare uno spazio per socializzare in una cittadina, Borgo Mezzanone, con 800 abitanti e 3000 migranti, tra Centro d’accoglienza per richiedenti asilo e ghetti. Un luogo per incontrarci, raccontare le storie, ma non siamo riusciti a trovare un posto da affittare. Quando vanno i ragazzi a cercare nessuno affitta loro nulla, neanche se noi facciamo da garanti. La situazione così peggiora, senza sistemazione né fiducia. L’unica soluzione che vedo è introdurre nei campi dei moduli abitativi».

Immagine: Di Noodles83 – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=31280721