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Corridoi umanitari, siamo a 500

«So che è stata una nottata particolare, ci sono qui persone che attendevano i propri cari da anni, attendevano un ricongiungimento famigliare che sembrava davvero impossibile e che questo progetto ha reso davvero possibile. Tutto ciò è accaduto grazie all’iniziativa di cristiani, cattolici e protestanti, che hanno cercato di dare una risposta urgente a un problema drammatico. Andando oltre le contrapposizioni ideologiche e politiche, noi, come chiesa valdese, come Federazione delle chiese evangeliche in Italia che oggi rappresento, facciamo appello a tutti, in Italia come all’estero, perché si comprenda che quello della Siria e di altre zone del mondo è un problema umanitario. Ci sono donne, uomini, bambini e anziani che hanno bisogno di aiuto. Ne hanno bisogno subito».

Ha esordito così il moderatore Eugenio Bernardini, questa mattina a Fiumicino per accogliere il quinto arrivo dei «corridoi umanitari», il progetto pilota nato nell’ecumenismo italiano che dal febbraio scorso ha portato in Italia, per vie sicure e legali, 500 «vulnerabili» provenienti dai campi profughi del Libano, per lo più siriani in disperata fuga dalla guerra limitrofa. Come la precedente di fine ottobre, anche quest’ultima soddisfazione è stata distribuita su due giorni: con il medesimo volo Alitalia Beirut-Roma, ieri mattina sono arrivate le 40 persone che in queste ore stanno trovando accoglienza nelle strutture della Diaconia valdese (Csd) – da Palermo a Torino, passando per Firenze, Padova e Milano –; questa mattina, poche ore prima della commossa conferenza stampa, sono atterrati invece altri 60 cittadini siriani, della cui ospitalità si occuperà la Comunità di Sant’Egidio. «Se guardiamo agli impegni presi siamo a metà strada», aveva dichiarato ieri mattina Simone Scotta, operatore di Mediterranean Hope a Beirut, «ma noi ci sentiamo addosso le energie del primo giorno, perché c’è ancora tanto, tantissimo lavoro da fare». Stando al protocollo d’intesa che Fcei, Tavola valdese e Sant’Egidio hanno siglato con i Ministeri dell’Interno e degli Affari Esteri lo scorso 15 dicembre, i promotori si impegnano infatti a mettere in sicurezza e ad accogliere 1000 profughi in due anni, e di farlo non soltanto in Libano, bensì anche dal Marocco e dall’Etiopia.

«Nel panorama della politica internazionale – ha ribadito il moderatore Bernardini ai numerosi giornalisti che hanno preso d’assalto il terminal 2 – il governo italiano si sta muovendo per dare una visione diversa. Noi ci auguriamo che questa via che come chiese abbiamo inaugurato possa anche essere un metodo che rassicura le timorose opinioni pubbliche odierne. Lo diciamo chiaro: noi non abbiamo avuto alcuna difficoltà nell’integrazione delle persone giunte sin da febbraio. Non c’è stato alcun problema perché abbiamo predisposto una rete di solidarietà vera e preparata. Il messaggio che ripetiamo è: “si può fare”. Speriamo che la nostra esperienza contribuisca a dare fiducia, a superare una diatriba ideologica sulle migrazioni che non fa che generare sofferenza e lacerazione».

Alla conferenza stampa di «metà percorso» erano presenti anche il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo – «Il primo giorno di scuola dei bambini che vedete qui intorno sarà in Italia» – ed il viceministro degli Esteri Mario Giro, sostenitore attivo di un progetto che ha seguito sin dai suoi albori.

Tra i quaranta siriani accolti dalla Csd, ci sono cristiani, musulmani sciiti, musulmani sunniti; ci sono 12 bambini, ci sono famiglie di Homs, Aleppo, Hama, Damasco. Ci sono giovani e anziani, uomini in fuga dalla leva obbligatoria del regime, donne in fuga dalla violenza dei ribelli. Ci sono storie e persone diverse. Storie e persone di cui in aeroporto abbiamo incrociato i sorrisi stanchi, ma che potremo raccontare soltanto dopo averle conosciute. Lontano dai riflettori, tanto necessari quanto irrimediabilmente superficiali, del primo giorno.