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Come foglie nella pioggia

Le condizioni meteorologiche avverse si abbattono anche sulla Liguria, in queste ore. Pochi giorni fa è stata diffusa la notizia di una persona dispersa lungo il corso del fiume Roya, uno dei tanti profughi transitanti che attende di poter varcare il confine con la Francia: «molte persone continuano a vivere sotto il ponte principale, vicino al fiume Roya – dice Daniela Zitarosa, operatrice legale della Diaconia Valdese a Ventimiglia – e con le condizioni meteo di questi giorni la situazione è pericolosa. Non è una situazione che si può controllare in maniera facile né in cui si può avere una piena conoscenza di ciò che accade. Sono in corso dei lavori davanti alla chiesa di Sant’Antonio che hanno fatto allontanare i profughi sul fiume». Se in estate parliamo di aumento di arrivi con le belle giornate, ora parliamo di condizione critica con le piogge autunnali: la situazione dei migranti ancora una volta sembra dipendere completamente dall’esterno, dai fenomeni naturali, come foglie al vento o alla pioggia, ma non solo: «queste persone sono dipendenti non solo dalla natura, ma anche dal volere politico del momento, dalle altre persone, da chi incontrano e così via. La loro vita è in mano alla discrezionalità degli altri».

I migranti si alternano nell’attesa a Ventimiglia da giugno 2015, quando le autorità francesi hanno deciso di bloccare l’accesso nel paese. L’ultimo campo profughi che è stato organizzato è quello Roya «dove sono accolti gli uomini con una capienza di circa 400 persone (ora ne sono ospitate circa 600) dove oltre ai moduli abitativi sono state allestite due tende militari per permettere alle persone di non dormire alla pioggia – continua Zitarosa – e in questo periodo il campo è diventato meta delle quote regionali che arrivano direttamente dagli sbarchi. Poi c’è il campo informale, quello delle Gianchette, della chiesa di Sant’Antonio che continua a ospitare le donne. Qui abbiamo visto una diminuzione di numeri, forse anche dovuta ai lavori sulla tratta ferroviaria fino a Ventimiglia che rallentano gli arrivi».

Il blocco sul confine francese continua da giugno 2015: politicamente non è cambiato nulla?

«No, da quel punto di vista la situazione non è cambiata di una virgola, per le persone transitanti bloccate ma nemmeno per chi ha deciso di intraprendere una via legale, anche loro bloccati al campo Roya».

Di chi si tratta?

«Ogni regione ha delle quote di accoglienza che deve trasferire nei propri centri, sono richiedenti asilo, non transitanti come quelli qui presenti. Il problema è che la Liguria non ha posti nei Cas, centri di accoglienza straordinaria, dunque questi richiedenti asilo vengono messi nel centro Roya con gli altri e quindi non solo non capiscono dove sono, ma sono insieme a chi vuole partire dall’Italia. Non hanno ancora fatto la prima telefonata a casa, cosa che il campo non permette. La maggior parte sono Nigeriani e non hanno ancora fatto la formalizzazione della domanda di asilo perché devono farla nei nuovi campi dove saranno trasferiti, chissà quando. Questo significa non poter andare tranquilli in giro per la città o a comprarsi una scheda telefonica, non avendo ancora documenti. La situazione è assurda, in questo momento io non posso fare nulla se non farli chiamare a casa, e chiedere ai volontari di implementare i corsi di italiano».

Intravede delle prospettive?

«A me la situazione sembra sempre invariata, mi auguro che si prendano decisioni diverse per smuovere più tasselli. Per garantire i diritti delle persone, ma anche per migliorare la situazione su Ventimiglia: nei prossimi giorni ci sarà una protesta e una raccolta di firme per la chiusura dei due campi. Mi auguro che dall’alto ci possa essere una risposta, utile da questi diversi punti di vista».