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L’aborto e il peccato

Nella lettera apostolica Misericordia et Misera che conclude il Giubileo, papa Francesco ha esteso la possibilità per i sacerdoti di assolvere il “peccato di aborto” anche fuori dal periodo giubilare. Una “colpa” che se c’è pentimento verrà perdonata non solo alle donne, ma anche ai medici che la rendono possibile. «Un passo avanti – sostiene la pastora valdese e teologa Letizia Tomassone – ma la chiesa, tutta maschile, si arroga ancora il diritto di dire cosa va bene e cosa no sul corpo delle donne: cosa vuol dire conversione se non c’è anche un accompagnamento alla consapevolezza, se non c’è un aiuto a trovare altri modi per evitare delle gravidanze indesiderate, a evitare la violenza nei rapporti di genere, a istituire delle relazioni diverse tra uomini e donne?».

Si tratta di un passo avanti?

«Sì, senz’altro un passo avanti. Durante tutto l’anno del giubileo era stata data questa dispensa ai parroci di poter valutare di volta in volta se concedere il perdono, ma nella lettera finale del giubileo è scritto che continua anche al di là dell’anno straordinario sulla Misericordia. La decisione è motivata nella misericordia di Dio, più grande di qualsiasi altro peccato: questa ragione teologica mi sembra bellissima perché sgancia un peccato per antonomasia legato alla sessualità, al femminile demoniaco e demonizzato, dall’idea di un peccato che non ci si può togliere di dosso, un peccato legato alle donne. Il perdono dei medici, poi, potrebbe preludere a una nuova fase, in una società come quella italiana nella quale l’obiezione di coscienza all’interruzione di gravidanza prevale per ragioni puramente sociali o interne all’organizzazione del lavoro degli ospedali. Forse si andrà verso una nuova consapevolezza da parte dei medici nell’approcciarsi a questo servizio».

Questa decisione cambia il paradigma dell’interpretazione cattolica di peccato?

«Nella lettera è detto contestualmente che non si vuole sminuire il peccato dell’aborto, tuttavia tutto il pontificato di Francesco punta sul primato della Grazia, sul fatto che è Dio che ci viene incontro, mentre noi viviamo tra le nostre contraddizioni, di cui fa parte anche il peccato, e l’amore di Dio supera ogni nostra mancanza. Una costante sempre più presente nella teologia del papa anche a seguito dell’incontro con la Riforma a Lund, dei documenti prodotti in quella occasione, e dello stesso anno della Misericordia che è stato un lancio di questa idea».

Cosa ci dice della concezione femminile il fatto che occorra passare attraverso il pentimento per una pratica come l’interruzione volontaria di gravidanza?

«Intanto è importante ricordare che su questo tema le donne chiedono di non essere giudicate da dei maschi. Di nuovo la chiesa cattolica, tutta maschile, si arroga il diritto di dire questo va bene e questo no sul corpo delle donne. Effettivamente questa è una grande contraddizione del mondo cattolico, e da un punto di vista protestante possiamo dire che la chiesa è fatta da donne e uomini e non siamo noi che diamo il perdono ma annunciamo un perdono che è più grande di noi. Dal punto di vista cattolico, invece, la chiesa è mediatrice del perdono, quindi resta questa difficoltà di una mediazione maschile per le donne: per ricevere il perdono non basta dunque che lo abbiano ricevuto nel rapporto diretto con Dio, ma devono passare attraverso il giudizio di un sacerdote. Questo è una mediazione maschile molto pesante: cosa vuol dire pentimento? Cosa vuol dire conversione se non c’è anche un accompagnamento alla consapevolezza, se non c’è un aiuto a trovare altri modi per evitare delle gravidanze indesiderate, per evitare la violenza nei rapporti di genere, per istituire delle relazioni diverse tra uomini e donne? Il pentimento riguarda entrambi i generi: i maschi non devono porsi dal lato del potere e le donne soltanto dal lato dell’umiliazione, oltre ad aver subito nel loro corpo questa sconfitta e questa sofferenza».

Si sta andando verso questa pratica di aiuto, secondo lei?

«Penso di si, più che altro perché guardo alla pratica di tante chiese nel mondo. In Argentina o in Brasile le religiose hanno già praticato questo perdono nei confronti delle donne, inteso come accompagnamento anche nell’interruzione di gravidanza, ma soprattutto nell’evitare queste situazioni. Alcune religiose sono state messe a tacere nei decenni passati, ma sicuramente Bergoglio ha conosciuto da vicino questi percorsi. Anche per questo lui non parla per una realtà italiana, ma per una realtà mondiale dove è diffuso questo tipo di sensibilità pastorale, che vede spesso nel peccato delle radici di ingiustizia sociale che sono ben più grandi del peccato morale che di solito viene stigmatizzato».

Immagine: By Finizio – http://www.flickr.com/photos/84256695@N00/16289819453/, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=39662413