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Una missione integrale e sostenibile

“Donare e ricevere. Imparare e condividere”. E’ il motto della Missione battista europea (Ebm), un’istituzione nata nel 1954 e attiva in quattro continenti. «Siamo una rete di 29 Unioni e Convenzioni battiste, 8 in Africa, 5 in America latina, 1 in India e Turchia, 15 in Europa, tra cui anche l’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (Ucebi)», spiega il pastore Christoph Haus, segretario generale della Ebm, che in questi giorni ha partecipato all’Assemblea generale dei battisti italiani, tenutasi a Chianciano dal 29 ottobre al 1 novembre scorsi.

Pastore Haus, come si è costituita la Missione battista europea?

«Formalmente è nata negli anni Cinquanta del secolo scorso, ma la storia della missione inizia verso la fine del XIX secolo, quando il Camerun era colonia tedesca. Successe che il re della regione di Douala mandò i suoi figli a studiare a Berlino. Nella capitale tedesca incontrarono le chiese battiste a cui si unirono. Una volta ritornati in Africa, si creò un rapporto di amicizia tra i battisti tedeschi e le nascenti chiese battiste in Camerun. Questo è stato il punto di partenza di una storia che però si è interrotta durante il periodo delle due guerre mondiali. La Germania perse le sue colonie in Africa e non fu più possibile per i battisti tedeschi mantenere la missione in Camerun. A continuare il lavoro dei primi missionari furono i battisti francesi che nel 1954, insieme ai battisti tedeschi e a quelli svizzeri, diedero vita alla Ebm. Fu un segno di riconciliazione e di speranza dopo gli orrori delle due guerre. Oggi la missione ha sede in Germania, a Elstal, dove si trovano anche il Seminario battista tedesco e l’Unione battista di Germania».

Quali attività sostiene la Missione?

«Nel saluto che ho rivolto all’Assemblea dell’Ucebi ho citato due progetti che illustrano due aree principale del nostro impegno, indicative del nostro modo di lavorare. Il primo esempio riguardava il progetto di una chiesa battista indiana rivolto a dei bambini a rischio, che non possono permettersi pasti adeguati. La chiesa offre ogni giorno a questi bambini un uovo e una ciotola di riso. Sembra nulla, invece per quei bambini fa la differenza! Soprattutto è un progetto pensato dalla chiesa locale, in India. Come Missione abbiamo scelto di non portare progetti pensati in Europa, ma di intervenire a favore di progetti locali e. soprattutto, sostenibili per le chiese che li mettono in atto. Non vogliamo costruire grandi ospedali o grandi strutture che rimarrebbero dipendenti dalla missione. Vogliamo invece sostenere progetti pensati sul luogo, diretti da persone locali, e sostenerli con finanziamenti o invio di consulenti».

Il secondo esempio citato riguardava un progetto di church-planting a Cuba. L’evangelizzazione è dunque un ambito di azione della Ebm?

«Sì, certamente. Oltre che nell’ambito dei “Bambini a rischio”, operiamo nel campo dell’evangelizzazione che include il sostegno a seminari teologici in diversi paesi del mondo. Anche in questo caso, non operiamo su nostra iniziativa ma su richiesta delle chiese o delle Unioni locali. Non abbiamo una strategia di evangelizzazione da imporre, ma vagliamo i progetti che ci vengono presentati. Un altro ambito di azione è quello sanitario., ed abbiamo una sezione operativa per il soccorso in caso di disastri naturali. La Ebm fa parte del Baptist World Aid, di cui sono, tra l’altro, il vice presidente. Operiamo in sua vece nei Paesi in cui siamo presenti. Per esempio, in Nepal dopo il terremoto siamo stati i coordinatori degli aiuti provenienti dal mondo battista. Considerando tutti questi ambiti posso concludere che quella che proponiamo è la visione di una missione integrale».

Cosa intende per missione integrale?

«Una cosa molto semplice: l’essere umano va considerato nella sua interezza, nei suoi bisogni spirituali e materiali. Riteniamo che la predicazione del vangelo e il benessere sociale non siano due aspetti paralleli della missione cristiana. Se predichi il vangelo come lo ha fatto Gesù, quella predicazione avrà sempre delle conseguenze sociali. L’evangelo fa emergere le ingiustizie e spinge chi lo predica a combatterle. Non è dunque che diciamo prima predichiamo e poi dobbiamo anche fare qualcosa nel sociale. Le due cose si appartengono reciprocamente, l’una porta con sé l’altra. La missione integrale concerne ogni aspetto della vita umana, fisico o spirituale».