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Più crocifissi, meno studenti di religione a scuola

Ci sono battaglie che sono, evidentemente, sempreverdi e buone per ogni stagione. Oggetti del contendere diventano questioni cosiddette di principio che in realtà dovrebbero essere risultati acquisiti da tempo e non il segno che nel nostro paese ci si incaglia sempre negli stessi stagni. E’ il caso del crocifisso nei luoghi pubblici, periodicamente rivendicato da questa o quella parte politica, in barba al principio di laicità – questo sì, effettivo e confermato dalla revisione del Concordato, che da trent’anni sancisce la fine del cattolicesimo come religione di Stato.

Principio di laicità che non deve turbare troppo i sonni del consigliere regionale pugliese di Forza Italia Domenico Damascelli, che ha presentato una mozione per esporre il crocifisso nell’aula del Consiglio regionale, in quanto «simbolo universale dei valori di libertà, uguaglianza, tolleranza e rispetto per la persona», mozione approvata dalla maggioranza (a votazione segreta, sai mai che qualche consigliere si vergogni a esporsi pubblicamente). D’altronde, questa faccenda delle “origini cristiane” solletica da un pezzo vari esponenti dell’arco istituzionale: è del gennaio scorso la proposta di un gruppo di onorevoli della Lega di rendere obbligatoria l’affissione del crocifisso «nelle aule scolastiche, negli stabilimenti di detenzione e pena, negli uffici giudiziari e nei reparti delle aziende sanitarie e ospedaliere, nelle stazioni e nelle autostazioni, nei porti e negli aeroporti, nelle sedi diplomatiche e consolari» e persino nei seggi elettorali. E guai a chi si oppone o se ne dimentica: per gli sbadati le multe andrebbero dai 500 ai 1000 euro.

Ma chi guarderebbe il crocifisso in classe, se sempre più studenti disertano l’ora di religione? Persino la Conferenza episcopale italiana è costretta ad ammettere che c’è un vistoso calo di ragazzi e ragazze che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica a scuola, secondo quanto si legge nell’esame dei dati nazionali, che evidenziano una disaffezione crescente con il passare degli anni.

Se nell’anno ’98/99 gli studenti che chiedevano l’esonero dall’Insegnamento della religione cattolica rappresentavano il 6,6% della popolazione scolastica, nel 2015 hanno raggiunto quota 12,2%: quasi il doppio, una percentuale che equivale a centinaia di migliaia di bambini e adolescenti.

Soprattutto di ragazzi e ragazze, se è vero che la scelta dell’ora alternativa cresce con l’età: la rinuncia all’Irc risulta decisamente maggiore nelle scuole secondarie di II grado, che si collocano attualmente sul 18,4%, rispetto alle adesioni rilevate in tutte le altre scuole in cui si va dal minimo del 8,4% delle scuole primarie, fino al 10,0% delle scuole dell’infanzia e al 10,4% delle secondarie di primo grado.

Per quanto riguarda le scuole superiori, c’è un altro dato interessante: il calo riguarda infatti maggiormente gli studenti degli istituti tecnici (19,4%) e professionali (23,1%) rispetto a chi frequenta il liceo (15,6%).

L’Italia non è comunque tutta uguale: i più “secolarizzati” vivono al Nord, dove le percentuali di non avvalentisi si mantengono sensibilmente più elevate (i livelli oscillano dal 9,5% della metà degli anni novanta e raggiungono l’attuale 17,8), rispetto al Centro, dove la situazione appare esattamente coincidente con la media nazionale e si attesta sul livello del 12,2%, mentre al Sud la quota di studenti che rifiuta l’Irc è molto minore (2,3%), e negli ultimi 21 anni ha mostrato la crescita più contenuta (+ 1,0%).

Una tendenza che non deve sorprendere, se da tempo è in calo anche la frequentazione dei luoghi di culto, come conferma anche l’Istat: negli ultimi dieci anni, infatti, la percentuale di fedeli che partecipa a una funzione religiosa almeno una volta alla settimana è scesa da 33,4% a 26%.

Certamente nella diminuzione di adesioni all’Irc bisogna considerare anche la crescente presenza di alunni figli di coppie provenienti da altri paesi e di fedi diverse dalla cattolica; però c’è da dire che questa constatazione non spiega da sola il calo costante, visto che la percentuale di “disinteressati” cresce con l’età degli studenti e il maggior numero di bambini figli di migranti si registra nella scuola primaria o al massimo nella secondaria di primo grado, quelle che un tempo erano le elementari e le medie.

Certo, secolarizzazione e società multireligiosa non fanno automaticamente rima con laicità, e la crisi delle chiese storiche non si fronteggia a colpi di crocifisso. Ma questa è una storia vecchia, una cattiva politica dura a morire.

Immagine: Di Stefan-Xp – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=277438