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Usciamo dal ghetto e andiamo al museo

Prendere spunto dal passato per riflettere su percorsi di inclusione è uno degli obiettivi dell’evento che si è svolto la scorsa settimana a Napoli e a cura dell’Associazione 3 febbraio. Il museo apre le porte agli immigrati è un’iniziativa che si rivolge in particolare alle persone che, per vari motivi, non hanno comunemente accesso e non conoscono le istituzioni culturali del nostro paese ma, come tiene a sottolineare il coordinatore di Napoli dell’Associazione, Pierluigi Umbriano, “è aperta a tutti”. Lo scopo è lottare contro la ghettizazione, ma anche contro l’auto ghettizzazione. Insieme alle istituzioni culturali si cerca di creare occasioni di incontro tra comunità differenti e prendere spunto dalla storia e dal passato per riflettere su una possibile convivenza tra culture oggi.

Di cosa si occupa l’Associazione 3 Febbraio?

«La 3 Febbraio è un’associazione antirazzista e interetnica nata a seguito di una manifestazione nazionale che si è svolta il 3 febbraio del 1996 a Roma. Si trattava di una manifestazione per la libera circolazione, in particolare l’occasione era stata data dal decreto Dini che all’epoca aveva cominciato a istituire la detenzione amministrativa per gli immigrati. La manifestazione ebbe un grande successo e dal coordinamento che l’aveva promossa nacque l’associazione antirazzista e interetica 3 Febbraio che si proponeva come orizzonte ideale la creazione di una società inclusiva. Un’interetnicità intesa né come melting pot americano né come integrazionismo alla francese ma come un incontro tra persone che parte innanzitutto da una concezione di comune umanità: siamo tutti membri della stessa specie, siamo tutti simili e allo stesso tempo diversi».

Come si è svolta la visita al Museo Archeologico di Napoli?

«La visita ha tenuto conto del mito di Eracle e di tutta l’influenza che ha questo personaggio mitologico. Secondo il mito Eracle avrebbe percorso tutto il mondo allora conosciuto: dalle colonne d’Ercole fino all’India, attraversando paesi e venendo in contatto con i popoli e le culture più disparate. Si è parlato dell’influenza che hanno avuto personaggi storici importanti come Alessandro Magno che, nonostante fosse un conquistatore, ha messo in contatto bramini e filosofi greci, fino a parlare delle influenze delle divinità egizie a Roma, come Iside, particolarmente venerata, e dei ritrovamenti di statue di divinità indù all’interno di ville pompeiane. Si è parlato della Villa dei Papiri di Ercolano dove sono stati trovati scritti epicurei, una filosofia che ci è particolarmente cara perché Epicuro, e la sua scuola in generale che è durata sette secoli, non solo prevedeva la partecipazione di donne e schiavi, cosa assolutamente inedita e unica per l’epoca, ma vide anche donne diventare caposcuola. Filosofi come Diogene di Enoanda dichiaravano che tutti gli esseri umani erano parte del giardino epicureo: una filosofia molto universalista che andava al di là delle frontiere e che vedeva tutti gli esseri umani affratellati per quella che, per Epicuro, era la filosofia, ovvero la ricerca della felicità».

Quali sono state le reazioni?

«Le visite, come già per le precedenti edizioni dell’evento, si sono sono svolte con la guida di una volontaria qualificata che illustrava un percorso che si è concentro sulla Roma classica come crocevia di tante influenze culturali. C’è stata la visita a Palazzo Farnese e ai ritrovamenti di Ercolano e Pompei con traduzioni simultanee in più lingue per tutte le persone presenti. La partecipazione di persone di culture diverse ha permesso di affrontare degli aspetti che non sempre vengono affrontati perché dati un po’ per scontati, per esempio la rappresentazione del corpo umano: la cultura srilankese o quella islamica portano delle notevoli differenze di rappresentazioni del corpo umano. Questa è stata un’occasione di discussione e di confronto».

C’è stata partecipazione?

«Decisamente si. Le persone che sono intervenute erano molto contente, hanno fatto molte domande, molti sono stati colpiti dal fatto che alcuni imperatori romani avessero origini africane, mediorientali o balcaniche; che ci fossero filosofi come Epicuro con le sue idee. C’era varietà anche dal punto di vista generazionale: parecchi bambini erano presenti, si sono divertiti e hanno guardato con meraviglia statue e oggetti molto diversi da quello che avevano potuto vedere fino ad allora. Questo per noi è fondamentale proprio perché la cultura deve essere motivo di incontro, di confronto e deve darci gli spunti necessari per portare avanti un’idea di convivenza umana».

Era la terza edizione. Grazie a queste esperienze avete potuto notare una qualche differenza rispetto al modo di interagire tra culture diverse?

«Le reazioni di molte persone sono state entusiaste; ci ha fatto piacere che ci siano stati dei ritorni: insegnanti colombiani, artigiani italiani che erano già stati presenti le scorse edizioni sono tornati così come richiedenti asilo e profughi che conosciamo.

I segnali sono incoraggianti a partire dal vedere persone divertirsi e stringere amicizie che superano le differenze culturali. C’erano persone da quasi tutti i continenti tranne l’Oceania. Alcuni membri di una scuola srilankese hanno espresso il desiderio di instaurare una collaborazione più stretta col museo archeologico nazionale. A fronte di questo le eventuali reazioni negative ci lasciano indifferenti. Sono segnali incoraggianti che vogliamo sviluppare: abbiamo già in mente una quarta edizione e vediamo con molto favore la volontà di avviare, da parte di comunità come quella della Srilanka o dell’Europa dell’est, collaborazioni con istituzioni culturali napoletane».

Che ruolo ha l’arte in tutto questo?

«L’arte, la cultura, la storia, la filosofia, l’istruzione sono punti fondamentali per riavvicinarci a quella che, secondo noi, è la nostra più vera natura: quella più umana. Noi siamo tutti simili e tutti diversi e questa diversità può essere motivo di forza, di crescita. Non è una questione genetica ma è proprio dagli incontri e da queste differenze che nascono nuovi stimoli, nuove possibilità di imparare, di migliorare, di diventare persone migliori».

Immagini: Di Giorgio Sommer – Cornell University through Flickr, http://www.flickr.com/photos/cornelluniversitylibrary/3611951684/ where the posting reads: “There are no known U.S. copyright restrictions on this image. The digital file is owned by the Cornell University Library, which is making it freely available with the request that, when possible, the Library be credited as its source.”, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=7555689