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Il numero dei cristiani iraniani cresce in maniera sorprendente

L’Iran è al nono posto nella lista – elaborata dall’Ong Open Doors – dei paesi in cui è più pericoloso essere cristiani: l’apertura di chiese è proibita e la conversione dall’Islam – religione di Stato – è punibile con la morte per gli uomini, e con l’ergastolo per le donne. Solo lo scorso anno più di 100 cristiani sono stati arrestati, imprigionati o sono stati vittime di tortura. Dunque, l’Iran non è un paese per i cristiani. Eppure, è in questo Stato che il cristianesimo sta crescendo in maniera sorprendente.

Nel 2015, l’organizzazione missionaria Operation World ha indicato l’Iran come il paese nel mondo in cui la popolazione evangelica cresce più rapidamente, con una stima annua del 19,6%. Negli ultimi due decenni il numero di iraniani diventati cristiani sarebbe superiore a quello calcolato nei precedenti 13 secoli.

Oggi, secondo i dati forniti da Christian Solidarity Worldwide – organizzazione cristiana impegnata nella difesa dei diritti umani e della libertà religiosa – sarebbero di più di un milione gli iraniani convertiti al cristianesimo.

Cosa sta determinando questa crescita? Questo rapido sviluppo sarebbe da attribuire alle difficoltà che i cristiani affrontano in Iran.

Sebbene la Costituzione iraniana riconosca cristiani, ebrei e zoroastriani come minoranze religiose protette, il governo continua a utilizzare leggi religiose speciali per opprimere riformisti, attivisti politici, difensori dei diritti umani e delle minoranze religiose. Quindi, anche se la libertà religiosa è in qualche modo protetta in teoria, nella pratica essa è violata e non garantita.

Sotto il presidente Hassan Rouhani, le violazioni dei diritti umani – tra cui il diritto alla libertà di credo religioso – sono rapidamente peggiorate. L’Iran manda a morte più persone di qualsiasi altro paese al mondo, e una gran parte di quelli uccisi appartiene a minoranze religiose.

I cristiani in Iran in genere sono accusati di compiere azioni contro la sicurezza nazionale, di spionaggio, o anche di apostasia e blasfemia.

Non tutti i cristiani finiscono in carcere, naturalmente, ma vivere apertamente la propria fede cristiana è pericoloso. In totale, Csw riferisce che circa 120.000 persone sono state giustiziate dal 1981 per le loro convinzioni politiche o religiose, 2.500 delle quali sono state impiccate da Rouhani che è salito al potere nel 2013. Egli aveva promesso di proteggere i diritti umani e l’uguaglianza di tutti i cittadini di Iran, ma nella pratica queste promesse sono state disattese.

In tale contesto, lo sviluppo del cristianesimo è enorme e non è limitato all’Iran. Esso cresce anche all’interno della diaspora iraniana, in paesi come il Regno Unito, Stati Uniti, Turchia, Germania e Canada, dove i cristiani iraniani sono molto attivi attraverso i media. Ci sono, infatti, diversi canali televisivi satellitari che trasmettono predicazioni del Vangelo in lingua farsi.

Storicamente, la Chiesa cristiana è riuscita non solo a resistere ma si è rafforzata nei momenti di persecuzione e di pericolo, e l’Iran confermerebbe questo dato. Un altro fattore che avrebbe favorito le conversione al cristianesimo potrebbe essere la brutta pubblicità che il regime dei mullah ha fatto all’Islam. Le restrizioni alla libertà di espressione, i diritti delle donne, la violenza, il giro di vite sugli attivisti dei diritti umani, danno un’immagine molto sgradevole dell’Islam, e questo probabilmente deve aver spinto molti iraniani, in particolare le giovani generazioni, a ricercare una alternativa nel cristianesimo.

Immagine: via istockphoto.com