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È ora di fare la pace!

«Non esistono nel mondo persone alle quali possano essere negati i loro diritti e, qualora dovesse avvenire per qualsiasi inspiegabile e non valido motivo, non è possibile che, tali diritti, vengano negati anche alle generazioni future e per “colpe” commesse da altri nel passato», così si sono espressi il segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), pastore Olav Fykse Tveit e Jim Winkler, presidente e segretario generale del Consiglio delle chiese cristiane degli Usa (Ncccusa).

La crisi in Israele e Palestina (Territori palestinesi) ha riunito i rappresentanti del Cec e il Ncccusa per una consultazione importante ad Arlington, in Virginia (Usa) dal 12 al 14 settembre scorsi.

«Il conflitto – hanno proseguito i due leader cristiani – non potrà trovare una soluzione pacifica sino a quando le istituzioni israeliane e palestinesi non soddisferanno l’esigenza di giustizia reciproca. L’occupazione israeliana di Gerusalemme Est, di parte della Cisgiordania e la situazione di Gaza (orami isolata e circondata da confini), ci ricordano che sono passati 50 anni dall’inizio del conflitto e che molte, troppe, generazioni hanno sofferto a causa di questa situazione. Giungere ad una soluzione pacifica per i due popoli è ormai una questione dirimente, di vitale importanza– chiosano ancora Tveit e Winkler – . Con sessanta rappresentanti di chiese e organizzazioni vicine alle nostre comunità di tutto il mondo ci siamo riuniti affinché le grida di coloro che sentono il desiderio di pace e di giustizia in quella terra, che per noi è Santa, possano esser udite nel resto del mondo».

I rappresentanti delle chiese hanno formulato alcune richieste importanti, tra le altre: «la fine dell’occupazione attraverso gli insediamenti nei Territori occupati; […] il pieno rispetto e la protezione dei difensori dei diritti umani, ossia degli operatori di associazioni israeliane e palestinesi; […] la trasparenza per quanto riguarda le indagini svolte da organizzazioni Internazionali umanitarie (anche religiose) che operano nella Striscia di Gaza; […] l’interruzione immediata di tutte le misure economiche lesive e non violente attuate nel mondo al fine di influenzare la politica delle istituzioni israeliane».

Troppo spesso, conclude l’appello: «la religione è stata usata per giustificare l’occupazione. Troppo spesso, la religione è stata usata da cristiani, ebrei e musulmani per promuovere l’odio e la violenza – hanno proseguito Tveit e Winkler –; come seguaci di Cristo e come donne e uomini della tradizione abramitica, siamo spiritualmente feriti dal continuo odio e l’animosità che intercorre tra ebrei, cristiani e musulmani».

Una settimana per la pace in Palestina e in Israele

«Eliminare i muri di separazione» è invece il tema scelto per la Settimana mondiale per la pace in Palestina e in Israele che si terrà dal 18-24 settembre 2016.

Quest’anno, il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) ha invitato tutte le chiese membro e i partner operanti nel mondo ad unirsi per celebrare una settimana di azione e di preghiera per la pace «giusta» in Palestina e in Israele.

L’obiettivo è quello di adottare misure pacifiche per creare le condizioni migliori per giungere ad una testimonianza comune e internazionale di speranza e di giustizia.

Elisabeth Mutschler inviata del programma di «Accompagnamento ecumenico in Palestina e Israele» (Eappi), alla sua seconda missione in Israele e Palestina per conto del protestantesimo francese, dalle chiese dell’Unione delle chiese evangeliche in Alsazia e Lorena, ha ricordato, in merito alla questione palestinese da lei seguita, che: «I problemi principali riscontrati nelle due missioni sono: la barriera di separazione che limita la libertà di movimento e di cure; la difficoltà di accesso all’istruzione per bambini e giovani; lo sfruttamento delle acque da parte di Israele a discapito della popolazione palestinese; le demolizioni e gli sfratti forzati, soprattutto delle comunità beduine».

Dal 18 al 24 settembre 2016 dunque si pregherà insieme alle chiese presenti nei Territori occupati, ma anche con una preghiera speciale proprio da Gerusalemme. In seguito si incontreranno alcuni leader politici per chiedere loro di sostenere le politiche ecumeniche di promozione per la pace e la giustizia.