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Iran, crescono i rapporti commerciali, ma crescono ancor più le persecuzioni ai danni dei cristiani

«Un balzo in avanti enorme». Così le agenzie di stampa commentano i dati appena diffusi da Eurostat – l’ente dell’Unione Europea che si occupa di statistiche – relativi all’incremento dei rapporti commerciali fra Iran e per l’appunto Europa nei primi sei mesi del 2016.

La rimozione delle sanzioni economiche nei confronti del grande stato asiatico, a seguito degli accordi sulla cessazione dei programmi nucleari di Teheran, hanno portato ad una crescita addirittura del 43% degli scambi economici fra vecchio continente e Iran.

Esportazioni di merci verso la nazione mediorientale e importazioni soprattutto di petrolio a prezzi più che convenienti per le asfittiche casse delle aziende europee.

Discorsi analoghi sono estendibili agli Stati Uniti e ancor più alla Russia, primo partner commerciale del presidente Hassan Rohuani, considerato un moderato, fautore del dialogo fra i propri confini e verso il mondo esterno.

Diciamo che in nome della necessità di aprire nuovi corridoi a mercati saturi e stantii i nostri governanti preferiscono chiudere un occhio, se non entrambi, rispetto alle reali condizioni politiche e sociali iraniane, compresa di quella parte di popolazione, che per lo meno negli slogan, dovrebbe essere a loro assai cara, cioè i cristiani abitanti nel paese. Una minoranza le cui condizioni di vita sono profondamente peggiorate in questi ultimi anni, tanto da portare il paese al nono posto nella poco nobile classifica delle nazioni che maggiormente perseguitano i cristiani a causa della loro fede.

Su una popolazione di oltre 80 milioni di persone, i cristiani rappresentano probabilmente meno dell’uno per cento. Sarebbero circa 270 mila i cristiani censiti in Iran nel 2010, di questi 66 mila i protestanti. Vi sarebbe inoltre un certo numero di nuovi cristiani provenienti dall’islamismo: difficile stimarli, costretti a subire angustie se possibile ancora peggiori. Il numero di questi ultimi si stima in oltre 300 mila persone.

Sono scomparsi i riferimenti visibili dell’appartenenza cristiana, come ad esempio le croci dalle chiese, nel tentativo di nascondere ulteriormente la loro presenza, mentre sarebbero diverse decine le personalità imprigionate con accuse legate per lo più al proselitismo.

A questo edificante quadro si aggiungono la tremenda impennata delle esecuzioni capitali, oltre 2600 in tre anni – stracciato ogni triste primato precedente- con un particolare accanimento riservato alle minoranze sunnite e curde, e una politica nei confronti delle donne che pare riportare indietro di anni le sofferte conquiste ottenute.

Non servono i drammatici rapporti delle Nazioni Unite o i forti appelli di organizzazioni quali ad esempio Amnesty International ad aprire un dibattito sull’opportunità o meno di perseguire relazioni stabili con governanti cui preferiamo non mostrare le nudità delle nostre statue piuttosto che evidenziarne le violenze.

Rohuani appare inoltre assai impegnato a rimpolpare di denaro e uomini sul campo il regime siriano di Bashar al-Assad, che senza il decisivo supporto di Teheran sarebbe probabilmente già scomparso da tempo dall’orizzonte geopolitico dell’area, consentendo un cambio di passo impossibile fino a quando gli antichi satrapi terranno ancora le redini del potere.

In nome del dio denaro tutto è quindi concesso? Certo non sono questi i primi né saranno gli ultimi esempi poco edificanti di gestione delle priorità. Essere partner, amici vuol dire solo stringersi la mano senza dirsi in faccia anche ciò che non ci piace?

Che i nostri capi di governo occidentali ci risparmino almeno lacrime di coccodrillo a comando o appelli fumosi davanti alle nuove tragedie che certamente giungeranno da certi confini. Confini che resistono e si ampliano grazie in primis al denaro occidentale.

Immagine: via flickr.com