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Linguaggio matematico e temi della fede

Nell’interscambio tra le varie culture, scientifica, umanistica, religiosa, la matematica ha una posizione particolare, per almeno due ragioni. Prima di tutto è la scienza più antica e prende la sua forma moderna contemporaneamente e nello stesso posto della filosofia. Dunque è da sempre presente nel discorso sulla cultura. Secondo, coloro che praticano questa scienza hanno da l’abitudine di parlare, con assoluta certezza, di cose che non si vedono e non si toccano e dunque non sono ostili alla metafisica. Questo ha prodotto ambiziose sintesi sulla posizione della matematica nella relazione tra scienza e religione: nel mondo moderno si può pensare alla posizione di Galileo Galilei e tutto quello che ne è seguito.

Ma ha anche prodotto opere più modeste nelle ambizioni, ma spesso interessanti nei risultati, in cui la generalità dello specifico linguaggio tecnico-matematico viene utilizzata per ridire in altro modo temi della fede in ciò che non si vede. L’uso apologetico del linguaggio matematico in rapporto con la spiritualità cristiana, nella sua declinazione liberale vittoriana, si trova ad esempio nel libro di Edwin A. Abbott Flatlandia (Adelphi 1966; Mursia 1990; Einaudi 2014).

Con riferimento a una completamente diversa spiritualità, Francesco Malaspina, docente del Politecnico di Torino, ci offre il suo Dio e l’ipercubo. Itinerario matematico nel cristianesimo*. Il titolo si ispira a una famosa opera di Salvator Dalí, Corpus Hypercubus (1954, contenuta al Metropolitan, New York), che rappresenta un Crocifisso su una croce tridimensionale formata da otto cubi. Malaspina lavora con grande efficacia sull’idea che il linguaggio matematico permette di descrivere cose che non si possono percepire direttamente a causa di una intrinseca limitazione del nostro apparato cognitivo. Non si può vedere un cubo quadrimensionale, ma questo oggetto esiste (per il matematico): infatti lo si può descrivere efficacemente e univocamente tramite la rappresentazione delle sue facce, che sono gli otto cubi tridimensionali. Viceversa, cose che sembrano distinte, fanno parte di una stessa struttura di dimensione maggiore, questo è il tema apologetico sviluppato da Malaspina.

Il secondo esempio riguarda i numeri. La percezione diretta della numerosità è limitata a pochi numeri piccoli. La matematica antica scopre prima di tutto che non c’è un numero più grande di tutti e la matematica moderna scopre che si può contare anche con numeri infiniti. Questo linguaggio punta Malaspina verso il concetto filosofico di infinito e a quello religioso di incommensurabilità tra il finito dell’uomo e l’infinito di Dio. Infine, alcune figure geometriche pur finite non sono rappresentabili in una geometria piana percepibile in un unico colpo d’occhio, ma sono rappresentate da atlanti di carte, ciascuna delle quali rappresenta fedelmente una porzione del tutto. In questo caso il tutto non è globalmente conosciuto, ma solo localmente, e il fatto costitutivo di questo tipo di conoscenza consiste nella verifica che le carte parziali sono tra di loro coerenti quando hanno una regione in comune.

Contrariamente a tanti altri autori che praticano l’apologetica cristiana che usa il linguaggio scientifico, l’attenzione di Malaspina non è in alcun modo basata su una qualche forma di «concordismo» tra il libro della natura e il libro della fede, anzi, mi pare che entrambi i libri siano sostanzialmente assenti. Malaspina pratica con entusiasmo la sua scienza, la matematica, ma evitando di domandarsi perché è così efficace, e non considera il messaggio biblico se non in quelle parti selezionate per evidenziare certi precetti evangelici: la preghiera, la conversione alla povertà, il sacrificio di sé, il rifiuto del mondo, la prevalenza dei minimi come immagine di Dio. Dunque: Francesco di Assisi, Charles de Foucauld, madre Teresa di Calcutta, la chiesa «povera per i poveri» come Corpo di Cristo.

In conclusione, un contributo interessante all’apologetica cristiana. Non tutte le analogie sono chiare e alcuni concetti matematici sono poco spiegati, ma, nel complesso, il discorso è coinvolgente, edificante e anche originale, specialmente nell’ultima parte sugli atlanti di carte.

 

* Francesco Malaspina, Dio e l’ipercubo. Itinerario matematico nel cristianesimo. Cantalupa (TO), Effatà, 2016, euro 9,00.