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«In Francia il dialogo è la sola via per superare le paure»

«Il contesto sociale francese è estremamente infiammabile; non dico ancora che l’incendio sta divampando, ma molti segnali devono costringerci alla massima attenzione». Sono intense le parole che a margine dei lavori del Sinodo di Torre Pellice pronuncia il pastore Laurent Schlumberger, presidente del Consiglio nazionale dell’Epudf, la Chiesa riformata unita di Francia. Il riferimento è alle reazioni seguite ai terribili attentati che da due anni stanno sconvolgendo i nostri vicini di casa transalpini, con un giudizio particolarmente negativo «sulle speculazioni politiche che non fanno altro che diffondere odio e paura. E la paura è il più basso degli istinti, cui segue solo la cieca reazione. In un contesto sociale, economico e politico lacerato c’è spazio per giocare su questi sentimenti, con una leggerezza inquietante».

Secondo Schlumberger sono altri e ben più alti i livelli che dovrebbero interrogare le nostre società occidentali: «Dobbiamo veramente, e in fretta, comprendere dove abbiamo fallito e come sia possibile che i nostri giovani cerchino la morte per sentirsi vivi, coinvolgendo nel loro folle disegno decine di vittime innocenti. Non siamo stati in grado, parlo delle mie generazioni, di creare una società inclusiva, giusta, per i nostri figli, un avvenire su cui vale la pena investire. Crollate le utopie politiche nulla le ha rimpiazzate. C’è un dibattito in Francia in corso fra chi ritiene che l’islam si sia radicalizzato e chi invece che siano state le radicalità ad islamizzarsi. Personalmente condivido la seconda opinione perché la radicalità è sempre esistita e si è espressa nel tempo in maniera differente, attraverso gli estremismi politici e molto altro. In questa fase storica è diventato l’islam, o meglio la sua lettura distorta, a riempire i vuoti di alcuni componenti del nostro mondo».

Anche le chiese sono chiamate in causa, potevano, possono, fare di più?

«Le chiese cristiane hanno anche delle colpe, ma possono giocare ancora un ruolo significativo, perché quello biblico è un messaggio di speranza affacciato verso il futuro, verso un domani che merita di essere conosciuto ed edificato a partire dall’oggi. In tempi di paura il nostro compito è fornire una strada alternativa».

La Federazione delle chiese protestanti francesi (Fpdf) ha scommesso molto sul dialogo, sul confronto con il panorama musulmano: «dobbiamo imparare a conoscerci sul serio, a fidarsi gli uni degli altri, a divenire realmente amici. Solo in questo modo si può avviare un confronto, anche franco, che deve condurci su un sentiero comune di dialogo e rispetto. Solo con un amico possiamo parlare di argomenti anche scomodi, senza il timore di perdere per questo la sua stima. Questi avvenimenti devono porre domande anche ai nostri fratelli musulmani, riguardo ad un Dio potente, che pare non limitarsi, mentre il nostro Dio cristiano si manifesta tramite il più volatile degli strumenti, la parola, e si concreta nel più tragico delle possibilità, la croce». Cerimonie interreligiose, riflessioni e incontri comuni, sono molte le iniziative che la Fpdp ha proposto per non interrompere mai il canale delle relazioni, ma anzi per ampliarlo e consolidarlo. Proprio quando tutto intorno si alzano strepiti e inviti ad odiare la strada imboccata dalle chiese riformate è stata quella dell’incontro, non dello scontro.

In questa cornice si innesta uno dei baluardi della repubblica francese, la laicità, punto cardinale della società d’oltralpe, tornata al centro del dibattito come non accadeva da anni, interrogata dagli innesti culturali che recano nuove usanze, nuovi costumi, nuove concezioni dello spazio privato e di quello pubblico: «vedo il principio della laicità tirato per la giacca da troppe parti, manipolato, piegato in base ad interessi disparati. Vedo la tendenza ad assimilare la laicità con la neutralità, dello spazio pubblico in particolare, ma ciò cozza con la legge sulla libertà religiosa del 1905, i cui estensori già allora dovevano far fronte a tematiche in qualche modo simili a quelle odierne. Faccio un esempio: il dibattito all’epoca riguardava il divieto o meno per i preti di indossare la tonaca anche nella vita di tutti i giorni, fuori dal normale esercizio delle funzioni in chiesa. Non era così minima la percentuale di chi chiedeva di neutralizzare lo spazio pubblico anche allora, come oggi accade nei confronti del burkini o del velo. La legge del 1905 scelse di andare in altra direzione. Vedo in questo dibattito odierno un attacco all’islam, non una difesa della laicità».

Il ragionamento deve giocoforza coinvolgere la classe politica, cui è demandato il compito di normare la vita pubblica, e la tendenza in atto a strumentalizzare qualsivoglia evento aumenta il rammarico per la scomparsa di figure apicali, capaci negli anni di divenire esempio di una visione diversa dell’arena pubblica. Il pensiero corre a Michel Rocard, ex primo ministro e leader del partito socialista, recentemente scomparso, di solida formazione protestante, sviluppata in tanti anni di servizio presso le organizzazioni giovanili riformate. Il pastore Schlumberger è stato chiamato a pronunciare per l’occasione l’orazione funebre, alla presenza fra gli altri del Presidente della Repubblica François Hollande, del premier Manuel Valls: «Rocard, divenuto agnostico, ha voluto un culto al momento della sua morte. Quando ho chiesto ai suoi amici più cari cosa significava per lui il protestantesimo la risposta che ho sentito più spesso faceva riferimento al rigore etico, all’umiltà che spinge a capire a fondo i problemi, a non utilizzare slogan semplicistici, ad una grande speranza e fiducia riposta nella collegialità e ad una totale assenza di fascinazione per il potere: rifiutò in più occasioni gli inviti a candidarsi all’Eliseo, convinto dell’eccessiva concentrazione di ruoli che si sommano in una sola carica, dimostrando plasticamente la propria distanza dall’ambizione personale. Sono valori protestanti realmente? Non ne sono così convinto. Credo siano ideali socialdemocratici soprattutto, che si innestano assai bene nel pensiero protestante, in quanto noi credenti nulla abbiamo da negoziare con Dio e certo non abbiamo tendenza a issarci al suo stesso piano. Questa relazione apre la strada ad una libertà che manifesta la propria potenza nelle opere, nelle azioni. La bara spoglia di Rocard, senza drappi, bandiere o fiori ha profondamente colpito il presidente Hollande e il Primo ministro Valls per la sobrietà e il rigore dimostrato ancora una volta, anche nell’ultimo passaggio su questa terra ». Fatti, non parole per l’appunto.

Immagine: di Pietro Romeo