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Un Giardino dei Giusti in terra araba

A Tunisi è stato inaugurato nei giorni scorsi un Giardino dei Giusti dedicato a donne e uomini arabi o islamici che hanno salvato vite umane durante guerre e genocidi o si sono battuti contro i fanatismi e le dittature.

L’iniziativa, in questi giorni in cui il conflitto fra mondo arabo e resto del mondo tocca vertici di tensione drammatici, giunge come un raggio di luce e speranza in fondo al tunnel della cieca violenza.

L’idea è italiana come italiana è l’associazione che l’ha promossa: Gariwo è un acronimo che sta per Gardens of the righteous worldwide, Il giardino dei Giusti per l’appunto, dove per Giusti si intendono coloro che spesero parte della loro esistenza per salvare il prossimo ed opporsi con azioni individuali ai crimini contro l’umanità e ai totalitarismi, con un’attenzione particolare a chi ha contribuito al salvataggio della popolazione ebraica durante i terribili anni del nazifascismo. Non a caso il primo Giardino è stato creato nel 1960 proprio a Gerusalemme su iniziativa di Moshe Bejsk, uno dei circa 1100 ebrei salvati da Oskar Schindler, la cui vicenda è stata resa immortale anche dalla pellicola di Steven Spielberg. Gariwo è una Onlus, creata in Italia nel 1999 dal giornalista Gabriele Nissim per far conoscere l’operato di questi individui di buona volontà. Per ogni figura rintracciata e recuperata alla memoria viene piantato un albero, simbolo di resistenza e forza, destinato a durare nel tempo.

Il primo parco in Italia è stato inaugurato a Milano al giardino di monte Stella nel 2003, e da allora altri hanno visto la luce dal Piemonte alla Sicilia.

Quello di Tunisi è il primo creato in terra d’Africa. Ad ospitarlo sono gli spazi dell’ambasciata italiana e all’inaugurazione erano presenti fra gli altri anche il presidente della Lega tunisina per i diritti umani e premio Nobel per la Pace 2015 Abdessatar Ben Moussa. Sono state messe a dimora cinque piante i memoria di altrettante persone, eroi e martiri dell’assurdità umana: si tratta di Khaled Abdul Wahab imprenditore che salvò numerosi ebrei negli anni dell’occupazione nazista in Africa, Khaled al-Asaad, l’archeologo che ha pagato con la vita la strenua difesa dei tesori della città siriana di Palmira, Faraaz Hussein, lo studente bengalese che a Dacca nel recente attentato costato la vita anche a molti italiani, non ha abbandonato le amiche per mettersi in salvo come avrebbe potuto fare, pagando con la morte questo gesto, Mohamed Bouazizi, l’ambulante e attivista divenuto simbolo delle rivolte popolari del 2010 e 2011 dopo essersi dato fuoco per protestare contro le condizioni economiche e sociali del suo paese, e Hamadi ben Abdesslem, l’unico ancora vivente e presente alla cerimonia, che lo scorso anno salvò numerosi turisti italiani durante l’azione dell’Isis al museo del Bardo di Tunisi.

Nel suo discorso Nissim ha sottolineato con forza come «di fronte a chi semina terrore e uccide senza pietà centinaia di persone, donne e bambini, la cui colpa è solo quella di amare la vita, noi celebriamo invece quegli individui che sono disponibili a sacrificarsi per il principio opposto rispetto a quello che guida i terroristi. Di fronte alle guerre, ai terroristi fondamentalisti, ai crimini contro l’umanità, ci proponiamo di fare conoscere al mondo intero tutte le storie di bene, di umanità, dì solidarietà di cui nessuno parla e che rimangono purtroppo sconosciute».

Immagine: tratta da it.gariwo.net