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I larici torneranno verdi

Se siete andati a passeggiare in montagna in questi giorni ve ne sarete accorti anche voi: boschi di larici completamente ingialliti e spogli e fastidiose ragnatele che scendono in viso, sulle braccia e sulle gambe quando passate sotto gli alberi. A prima vista, sembra che le piante siano morte a causa di una malattia letale in grado di minacciare anche i boschi e l’ecosistema alpino. Fortunatamente, però, i nostri boschi non sono realmente in pericolo: quello che sta succedendo ai larici è causato da un insetto, un microlepidottero, una farfalla autoctona che si chiama Zeiraphera diniana e che mangia gli aghi delle piante ma non le uccide. Insomma, non è pericolosa e dannosa come per esempio la processionaria per il pino.

«Non è una questione preoccupante. Al contrario, è un fenomeno ordinario che torna ciclicamente, in media ogni 8 anni. – spiega Paolo Maria Terzolo, tecnico forestale dello sportello forestale dell’Unione Montana dei Comuni della valli Chisone e Germanasca – È una farfalla le cui larve defogliano il larice nel mese di luglio. L’anno scorso il fenomeno era più localizzato in val Chisone e in alta val Susa, ma tende a spostarsi, tanto che quest’anno è più presente in val Germanasca e val Pellice. In genere il passaggio dura due o tre anni, ma non è grave, perché dopo ferragosto i larici saranno di nuovo verdi. L’unico problema che dà è che i larici crescono di meno, ma non muoiono e non subiscono altro danno».

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Quest’anno le zone più colpite sono i boschi di larici sopra Prali, in val Germanasca, e quello sopra il Rifugio Barbara Lowrie nella Comba dei Carbonieri, nel comune di Bobbio Pellice.

Vedere le chiome dei larici completamente spoglie o marroni in piena estate non è un bello spettacolo, né un bel panorama da vedere per i boschi alpini. La dinamica è sempre la stessa: nell’arco di pochi giorni i bruchi grigi si arrampicano sopra i larici e mangiano tutti gli aghi fino a defogliare completamente la pianta. Tutto nasce da una piccola farfalla larga appena venti millimetri che verso maggio depone le uova sui rami dei larici. Quando le uova si schiudono, le larve, simili a piccoli bruchi grigio-neri, si nutrono degli aghi, e questo accade fino a metà agosto, quando, scese nel terreno e mutate in farfalle adulte di colore grigio-nero-bianco, smettono di danneggiare la pianta. Da metà agosto, infatti, gli aghi dovrebbero tornare verdi fino all’arrivo dell’autunno.

Da oltre cinquant’anni gli esperti e i tecnici forestali studiano il fenomeno e hanno scoperto che la Zeiraphera diniana migra e si propaga in tutto l’arco alpino da sud-ovest verso nord-est percorrendo anche 200 km l’anno, si riproduce in maniera massiccia e ciclicamente ritorna, ma in poche zone , come in Svizzera e Trentino Alto Adige, viene combattuta con una precisa e mirata disinfestazione.

«È una specie autoctona – continua Terzolo – ed è in equilibrio ecologico con i popolamenti di larici dell’arco alpino. A differenza della Xylella fastidiosa, il batterio originario del Brasile responsabile della moria degli ulivi , che qui da noi non ha parassiti naturali, la Zeiraphera non è un parassita alloctono. Non è vero nemmeno che l’inverno abbia favorito il suo propagarsi: questo vale per esempio per la processionaria, ma non per la Zeiraphera. Anche se avesse fatto un inverno rigido le farfalle ci sarebbero potute essere comunque. Già negli anni tra il 1988 e il 1990 ci fu un’infestazione molto pesante, è un fenomeno ciclico che torna».

La Zeiraphera può dare fastidio agli escursionisti perché si trovano fili simili a ragnatele che scendono dalle piante e piccoli bruchi grigio-neri appesi, ma sono innocui sia per l’uomo sia per il larice che, come abbiamo visto, non muore. Nel frattempo la Zeiraphera sarà combattuta naturalmente dalle sue 94 specie di parassiti e nemici naturali: per lo più ragni, uccelli e altri insetti.