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Le Chiese possono avere una visione comune dell’economia?

Il 4 e 5 luglio ha avuto luogo ad Arnoldshain/Francoforte la consultazione della Conferenza delle Chiese europee (Kek) sulla prima stesura del suo documento «Cercare pace e prosperità nell’Unione Europea – la prospettiva delle chiese sul governo amministrativo (governance) europeo». Il documento, redatto da un piccolo gruppo di economisti e teologi della Kek, nello scorso aprile era stato inviato alle Chiese membro per una loro lettura e commento.

In trenta pagine vuole esplicitare una comune prospettiva economica delle chiese, le conseguenze di questa sulle questioni sociali ed ambientali e proporre poi, in base ai fondamentali valori teologici, alcune indicazioni sulla governance europea. Il documento difende il concetto della proprietà privata, ma avverte dell’eccessivo accumulo di capitali che porta a una crescente disuguaglianza nella partecipazione economica e sociale in Europa.

In Europa esistono approcci economici differenti, da ricondurre anche alla diversità confessionale. L’etica economica protestante si concentra su elementi come la percezione positiva del mondo anche nelle sue accezioni di lavoro e finanza, sulla lotta contro la povertà, sulla responsabilità che consegue dalle ricchezze, sulla cooperazione per la giustizia, sulla celebrazione della diversità, sulla responsabilità ecologica degli azionisti. L’etica economica ortodossa, invece, enfatizza elementi come la delimitazione degli interessi economici privati, la cooperazione e la solidarietà nella distribuzione del benessere, le qualità dell’auto-limitazione e dell’ascetismo. Nell’ortodossia la critica della ricchezza è più esplicita, perché essa riconosce una relazione causale tra ricchezza e povertà: «ciò che i ricchi hanno è spesso il risultato dell’impoverimento dei poveri» (cap. 1.3).

Il documento constata che la concentrazione sull’unione monetaria europea, senza la possibilità di una unione di governo, ha prodotto grandi disparità tra gli Stati appartenenti. Queste disparità sono state aggravate dalla crisi innescata dal malgoverno delle banche. L’economia europea deve così far fronte a un eccessivo dominio monetario nell’economia europea, che non si è data gli adeguati meccanismi per fermare la crescita del debito, sia pubblico sia privato. Da qui consegue l’urgenza di misure per ridurre la diseguaglianza e la povertà e per la creazione di posti di lavoro. Si ritiene indispensabile proseguire con il progetto dell’Unione bancaria europea, come anche con il continuo impegno per un’accresciuta unione politica. Una unione che, tuttavia, non potrà prescindere dal definire bene le autonomie regionali, davanti a tutte, quella agricola.

Alla consultazione si sono presentate una ventina delle diverse chiese d’Europa, che hanno discusso con il team degli estensori e con Charalampos Kontonis, un consigliere economico del Parlamento europeo, e J. Silny, un economista dell’Accademia ecumenica di Praga. L’Italia era rappresentata nella sua veste della Federazione delle Chiese evangeliche (Fcei). I delegati e le delegate hanno apportato alcune leggere modifiche, principalmente per garantire una migliore ricevibilità del documento da parte delle istituzioni europee, alle quali sarà spedito, dopo una ulteriore sessione di lettura e commenti, in tempo per le sessioni parlamentari sull’economia dell’inizio 2017. Appena raggiunta la sua versione definitiva, la Commissione Globalizzazione e ambiente (Glam) della Fcei proporrà sul suo sito una traduzione del testo in italiano.