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Se chi ha fede vota Trump

Nonostante le perplessità esternate da personalità di spicco del mondo evangelico americano, nel loro insieme i protestanti d’oltre oceano appoggiano la candidatura di Donald Trump. È questo il dato che emerge dall’indagine comparativa che il Pew Research Center (Prc) ha condotto per via telefonica tra il 15 e il 26 giugno, su un campione di 2.245 adulti residenti in tutti i 50 Stati.

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Per indagare il ruolo delle religioni nella campagna presidenziale 2016, il gruppo di ricerca ha fatto propria la categoria di elettore «bianco-evangelico»: un’espressione opinabile, ma che ha il vantaggio di sintetizzare l’intreccio che in America esiste tra origini etnico-sociali e senso d’appartenenza religiosa, evitando così che si attribuisca valore teologico o spirituale a un’analisi essenzialmente sociologica. Come spiegano gli analisti di Prc, in prospettiva storica il voto «bianco-evangelico» costituisce 1/5 dell’elettorato statunitense e compone 1/3 dei consensi del Partito Repubblicano. In crescita negli ultimi anni, anche il voto «ateo» o «non religiosamente affiliato» – questi gli idealtipi che la ricerca contrappone alla prima categoria – rappresenterebbe 1/5 dei votanti americani, pari a 1/4 dei voti democratici. Eterogenei al loro interno ma difficilmente scalfibili, questi due blocchi erano contrapposti anche quattro anni fa, quando 8 «protestanti» su 10 votarono Romney e 7 «atei» su 10 vollero confermare Obama.

Se questo è lo schema analitico, la domanda è una sola: come ha reagito all’inattesa candidatura di Donald Trump l’«evangelico-bianco», il più tradizionale elettore repubblicano? Stando ai sondaggi condotti da Prc, se si votasse domani il 78% di quell’elettorato accorderebbe la sua fiducia all’imprenditore newyorkese (quattro anni fa si dichiarava con Romney il 73% del medesimo campione). Una percentuale roboante, che restituisce le proporzioni della «rimonta» di Trump nel mondo cristiano-conservatore che inizialmente lo aveva guardato con sospetto e che si deve al fatto che il 93% degli evangelici che lo osteggiarono durante le primarie oggi si dice disposto a convergere su di lui pur di battere l’«establishment» incarnato da Ilary Clinton.

Com’è noto, buona parte dei protestanti americani che dichiarano di votare Trump non si sentono rappresentati dal punto di vista religioso – sempre secondo Prc, il 55% dei «bianchi-evangelici» ammette di non essere soddisfatto dei candidati presidenziali –, ma quelle stesse persone ritengono che Donald e non Ilary possa meglio comprendere i loro bisogni. Se così non fosse, la preferenza che nel mondo evangelico Trump incassa su ogni singolo tema non sarebbe tanto schiacciante: dal terrorismo (78%) all’economia (77%), dall’immigrazione (75%) alla «lotta alle lobby e ai poteri forti» (73%), passando per le politiche sulla vendita domestica di armi da fuoco (79%). A fare la differenza su questi topics – al centro del dibattito pubblico americano, mentre, lo ricordiamo, la politica estera è quasi assente – è la totale mancanza di fiducia nella candidata democratica: del 78% degli evangelici che si dichiarano per Trump, il 45% specifica che si tratta di un voto «contro» l’altra opzione disponibile. Una dinamica, d’altronde, di cui beneficia la stessa Clinton, che nel bacino dei cosiddetti «atei» incassa in chiave anti-Trump il 36% di consensi – quattro anni fa, il 50% del medesimo elettorato si descriveva semplicemente come «pro-Obama».

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A dimostrazione di come le linee etniche contino più di quelle religiose, se rimaniamo nel perimetro del cristianesimo americano ma ci spostiamo nelle chiese «colorate», il voto «contro» premia invece la «ricca signora di Chiacago»: l’89% dei «protestanti neri» e il 77% dei cattolici di origine ispanica dichiarano di votare democratico (divisi a metà, invece, i «cattolici bianchi»). Un secondo elemento che deve indurci a non sopravvalutare il ruolo delle «religiosità» in questa tornata elettorale è il calo dell’importanza attribuita alle convinzioni religiose dei candidati: è vero che il 62% degli americani ritiene rilevanti le convinzioni religiose del Presidente, ma secondo i sondaggi Prc nel 2012 erano 67% e nel 2008 il 72%. Una calo di cui Trump, riconosciuto da fan e detrattori come non religioso, potrebbe essere al contempo causa e conseguenza.

Dopotutto, il 46% degli «evangelici bianchi» lamenta che nell’odierna società americana sia sempre più difficile vivere da cristiano. È paradossale e dà da riflettere il fatto che proprio all’interno di questo gruppo, tra coloro che condividono questa sensazione di crepuscolo religioso, i consensi per il ricco e mondano Trump raggiungano addirittura l’84%.

Immagine: via flickr.com