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Keep it personal

Una foto sbiadita e un telegramma stropicciato sono i due oggetti con cui il moderatore della Chiesa di Scozia, pastore Russell Barr, ha voluto riassumere il dolore, la sofferenza e la tragedia della guerra nel sermone tenuto ad Edimburgo per il culto commemorativo della battaglia della Somme, la più sanguinosa di tutta la Grande Guerra. «La Prima guerra mondiale è stata spesso descritta come una carneficina su scala ‘industriale’, ma non c’è nulla di ‘industriale’ nel dolore di una famiglia che apprende della morte di un proprio caro». «Keep it personal», ha detto il moderatore scozzese, perché al di là delle strategie, degli interessi nazionali e della geopolitica, ci sono solo e sempre persone, vite spezzate, famiglie distrutte, nomi dimenticati. Non però quello di David Wyllie, l’uomo ritratto nella foto con la sua divisa da Black Watch, prozio del moderatore Barr, morto in Francia nel 1917 all’età di 21 anni. Un decesso comunicato alla famiglia con un telegramma e una lettera di condoglianze della segreteria di Stato. Dunque, «keep it personal».

Il gesto del moderatore – l’aver reso pubblici documenti familiari, carte e foto ingiallite -, ricordano le parole di un altro scozzese, il cantautore pacifista Eric Bogle. Nella sua «Green Fields of France», immagina un viandante seduto presso la tomba di un giovane soldato britannico, Willie McBride, morto a soli 19 anni sul suolo francese. E si chiede cosa resti della sua memoria: «e hai lasciato una moglie o un’innamorata?/ La tua memoria è custodita in un cuore che ti è rimasto fedele/ e sebbene tu sia morto nel 1917/ per quel cuore leale tu hai ancora 19 anni?/ Oppure sei solo uno straniero senza nome/ per sempre costretto dietro una cornice/ in una vecchia foto sgualcita, lacera e macchiata?»

«Keep it personal», rimaniamo sul piano personale, ha ripetuto il moderatore Barr. Non solo per quel che riguarda il passato, ma anche per il nostro presente. Mentre il moderatore Barr preparava il suo sermone, la commissione Chilcot presentava il suo rapporto sulla guerra in Iraq definita «un intervento precipitoso», deciso senza aver esplorato tutte le opzioni diplomatiche, ingigantendo la pericolosità dell’avversario, presentando informazioni errate, non pensando alle conseguenze del conflitto. Rispetto alle responsabilità messe in evidenza dalla Commissione e al di là di tutte le analisi che politici e giornalisti possono avanzare, “la pubblicazione del rapporto è anch’essa una questione personale per le famiglie delle 179 vittime britanniche, uomini e donne, e per tutti gli altri che in quella guerra hanno perso la vita. E lo stesso per i feriti, molti dei quali hanno visto la loro esistenza cambiare radicalmente”. Anche nel nostro mondo, se parli di guerra, «keep it personal».

Che la guerra sia accompagnata da mille bugie offerte all’opinione pubblica come verità, sembrano confermarlo anche i versi di Eric Bogle. «E mi chiedo Willie McBride/ tutti quelli che giacciono qui lo sanno perché morirono?/ Davvero hanno creduto a quel che gli è stato raccontato?/ Davvero hai creduto loro quando ti han detto che questa guerra avrebbe posto fine a qualsiasi altra guerra?/ Ma la sofferenza, il dolore, la gloria, la vergogna/ l’uccidere e il morire – è stato tutto invano./ Perché è successo tutto di nuovo! Ancora e ancora e ancora e ancora».

La battaglia della Somme è forse stata la più cruenta di ogni tempo: nella sola prima ora di combattimento nella Somme morirono 20mila uomini e ne furono feriti 40mila. Nel ricordo di quei morti, «manteniamoci sul personale soprattutto perché per il Dio che conosce e ama ognuno di noi, la vita umana è sempre una questione personale». Keep it personal!

P.s. Se la canzone di Eric Bogle vi è piaciuta, vi consiglio anche «And the band played Waltzing Matilda», sulla disgraziata campagna di Gallipoli, 1915, narrata attraverso gli occhi di un soldato australiano.

Immagine: via http://www.churchofscotland.org.uk/