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Esclusi dall’inclusione?

La scorsa settimana l’inchiesta sulle tangenti per gestire la manutenzione dei campi rom romani è culminata con l’arresto di sei persone sulle 78 indagate, tra amministratori pubblici, imprenditori, vigili urbani e cittadini. Pochi giorni fa alcuni container sono stati distrutti nel campo rom di via di Salone, nella periferia est di Roma, motivo per cui l’Associazione Nazione Rom ha scritto alla sindaca Raggi: «abbiamo inviato una lettera per sapere chi ha dato questo ordine e perché – dice Marcello Zuinisi, legale rappresentante dell’associazione – la giunta non era ancora insediata e non capiamo perché siano stati distrutti 12 container: sembra quasi una vendetta o un avvertimento, dopo i casi delle tangenti delle scorse settimane». Salone è uno dei campi Rom – “villaggi attrezzati” come li chiamò il sindaco Alemanno – aperti dall’allora Giunta capitolina in cui iniziarono a vivere centinaia di persone: «questi luoghi erano organizzati con container di una ventina di metri quadri, ognuno con un valore di 20mila euro, in cui vivevano famiglie anche di 8 persone – continua Zuinisi – Le condizioni sono sempre state molto brutte e ultimamente la situazione sta peggiorando, in più a inizio settimana la polizia municipale ha abbattuto alcuni container in cui vivevano delle persone regolarmente censite. Come è noto, chi gestiva questi campi è stato arrestato».

Quanto è stata colpita la comunità Rom romana dagli ultimi casi di tangenti?

«Tantissimo. Però la notizia non ha stupito, tutti lo sapevano. Certamente avere le prove del malaffare non è facile, ma è ovvio che quando non arrivano 24 milioni di euro sulla gestione dei campi (i quali continuano a essere miserrimi) è evidente il ladrocinio generalizzato. Tutto questo tra le campagne discriminatorie contro i Rom come male della società pompate dai media e dalla politica».

Per superare gli schemi dei campi e mettere in atto strategie condivise tra istituzioni e Rom, Sinti e Camminanti sono stati messi in atto dei Tavoli istituzionali: che ne è stato?

«La situazione è drammatica. Dal 2012 al 2020 sono stati investiti 82 miliardi di euro per l’inclusione in Europa. L’Italia ha ricevuto la sua quota, complessivamente 32 miliardi. Il 20% sono per l’inclusione sociale, anche di Rom Sinti e Camminanti. A fronte di questa mole di denaro pubblico, c’è stato un’accordo firmato dai capi di Stato e di Governo per superare l’emarginazione e ogni stato ha varato una strategia. L’Italia vede la comunità Romané come uno degli attori principali di questa strategia, sedendosi a un tavolo con rappresentanze istituzionali per superare il conflitto e per decidere le politiche su casa, lavoro scuola e salute. I tavoli dovevano servire a costruire quella governance per i fondi e le politiche da adottare, ma ad oggi esiste solo un tavolo regionale dove i Rom sono rappresentanza istituzionale, in Liguria. Ci sono 10 tavoli istituiti e 9 di questi escludono i Rom, affidando a terzi la gestione della rappresentanza politica: in Toscana, per esempio, è la Fondazione Michelucci, una fondazione di architetti, che rappresenta i Rom. Al massimo sono presenti a dei tavoli laterali, ma non in quelli dove si prendono le decisioni politiche di inclusione».

Come si esce da questa situazione?

«Non bastano gli appelli, ma serve lottare socialmente, con manifestazioni, con gli studi legali, scrivendo alla Commissione Europea, chiedendo verità e giustizia. Denunciando le associazioni e cooperative che hanno fatto un uso allucinante del denaro, cercando di informare i cittadini della situazione. È una battaglia dura, ma è una responsabilità di tutti».

Immagine: via Nazione Rom