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Da Londra a Torino: il populismo dilaga in Europa

Sono stati due terremoti politici, a pochi giorni di distanza, con un unico epicentro. Un filo unisce il referendum britannico del 23 giugno ai ballottaggi del 19 giugno nelle città italiane, il voto di Londra a quello di Torino: è il dilagante populismo di destra, la corsa verso i nazionalismi, la paura dell’immigrazione, la difesa del cortile di casa, il rifiuto dell’Europa e della globalizzazione, la rabbia delle periferie e degli esclusi.

Le cause scatenanti sono state la crisi dei mercati e del capitalismo globale, dal 2008 in poi, e ancor più l’ideologia tedesca dell’austerità, imposta all’Europa e all’euro, di cui proprio un anno fa era vittima il popolo greco.

Il voto inglese e quello italiano hanno clamorosamente sconfessato le politiche economiche dell’UE, hanno espresso il rifiuto per la crescente povertà e diseguaglianza, come ha ben scritto l’economista Jean-Paul Fitoussi. Il voto italiano, in particolare, ha manifestato il motivato e comprensibile rifiuto delle politiche di austerità imposte sin dal 2010 all’Eurozona, attraverso politiche restrittive di bilancio e di gestione del debito pubblico: con l’inevitabile conseguenza della recessione o della stagnazione, e della persistente e devastante disoccupazione di massa.

Il rimedio proposto è però peggiore della malattia. In Gran Bretagna la separazione dall’Europa avrà costi economici e sociali difficili da stimare oggi, ma certamente molto alti.

In Italia, non solo Beppe Grillo ma anche i vertici del movimento Cinquestelle, come Luigi Di Maio, hanno confermato non solo l’alleanza strategica con gli estremisti dell’UKIP al parlamento europeo, ma anche la priorità politica al referendum sull’euro. Ora, il semplice annuncio di un tale referendum provocherebbe un’immediata fuga di capitali, tale da renderlo inutile: di fatto, dopo pochi minuti l’Italia si troverebbe già fuori dall’Eurozona, e insolvente del suo schiacciante debito pubblico. Con conseguenze pesantissime in termini di svalutazione e di perdita del potere d’acquisto di salari e pensioni (stimate almeno al 40 per cento).

I populismi scherzano con il fuoco, è nella loro natura suscitare e sfruttare le pulsioni collettive. Infatti, quello che noi chiamiamo “populismo”, gli antichi, da Platone in poi, lo chiamavano “demagogia”: la degenerazione della democrazia. Gli elettori italiani e inglesi hanno scelto più con la “pancia” che con la mente, con la “bile” e non con il cuore. Hanno voluto punire più che costruire.

E’ tempo di capire il messaggio, voltare pagina, cambiare radicalmente le politiche economiche e sociali in Europa e in Italia, ridurre la povertà e le diseguaglianze, ricercare uno sviluppo sostenibile e inclusivo. Prima che sia troppo tardi.

Immagine: By Pava – Own work, CC BY-SA 3.0 it, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=19938404