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Fermare l’Aids entro il 2030

Dall’8 al 10 giugno si è svolta a New York la Conferenza di Alto Livello dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sull’AIDS che ha adottato una nuova Dichiarazione politica che punta ad intensificare nei prossimi cinque anni le misure di contrasto all’epidemia dell’Hiv/Aids al fine di debellarla definitivamente entro il 2030.

Un traguardo possibile secondo l’Unaids, il programma congiunto dell’Onu sull’Hiv. Si stima che circa 35 milioni di persone vivono con l’Hiv/Aids (2013) nel mondo (dati Uniaids). Fra queste, 24,7 milioni vivono nell’Africa sub-sahariana. Solo nel Malawi, nel 2012 il 10% della popolazione aveva l’Hiv e nello stesso anno i morti sono stati 46.000. Fra i problemi per affrontare l’emergenza, c’è anche quello del costo eccessivo delle terapie.

I leader religiosi e rappresentanti di organizzazioni ecclesiastiche, che hanno partecipato ad un incontro interreligioso alla vigilia della Conferenza, hanno lodato la Dichiarazione per gli ambiziosi obiettivi contenuti. «Il mondo è in un momento critico nella lotta contro l’HIV e i prossimi cinque anni determineranno il successo della risposta globale all’HIV. A partire dall’impegno nei confronti della Dichiarazione politica la comunità internazionale potrà dimostrare che c’è la volontà collettiva di assicurare che nessuno sia lasciato indietro. Ogni persona è preziosa. Noi, leader religiosi e rappresentanti di organizzazioni ecclesiastiche crediamo che sia fondamentale per ogni fede il rispetto della dignità umana e del valore della vita umana».

Nel documento intitolato «Dall’impegno all’azione», le organizzazioni e le comunità di fede facenti parte della Rete globale Ecumenical Advocay Alliance, sostenuta dal Consiglio ecumenico delle chiese (Eaa-Cec), dichiarano di impegnarsi affinché gli obiettivi contenuti nella Dichiarazione delle nazioni Unite siano pienamente attuati.

In particolare, le chiese chiedono che: venga garantito un progressivo impegno finanziario che renda possibile il raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2020 e il 2030; che la prevenzione, i test e servizi di trattamento siano assicurati a tutti, soprattutto alle popolazioni emarginate, che sono esposte al maggior rischio di infezione; che vi sia un adeguato investimento di risorse a favore di organizzazioni a base comunitaria, comprese quelle religiose, il cui ruolo è fondamentale sia per la fornitura di servizi efficienti sia per l’eliminazione dello stigma e della discriminazione.

Nel documento inoltre si chiede che vengano abolite quelle leggi discriminatorie che sono tra i principali ostacoli che minano la salute pubblica e che violano i diritti umani.

Dal canto loro, i leader religiosi e i rappresentanti di organizzazioni ecclesiastiche si impegnano a intraprendere nel corso dei prossimi cinque anni azioni significative in quattro aree specifiche: riduzione dello stigma e della discriminazione; aumento dell’accesso ai servizi di prevenzione e cura; difesa dei diritti umani attraverso l’eliminazione di politiche e leggi discriminatorie; garanzia dei trattamenti medici ai minori.

Dallo scoppio dell’epidemia, più di trenta anni fa, circa 78 milioni sono state infettate dall’Hiv e circa 39 milioni sono decedute per malattie correlate all’Aids.

Foto: oikoumene.org