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A Istanbul il primo Summit mondiale sugli aiuti umanitari

Una due giorni per riflettere su come intervenire per aiutare le persone in difficoltà, in particolare il continuo flusso di migranti che si sposta da zone segnate da guerre e povertà. E’ questo l’obiettivo del World Humanitarian Summit che si svolge il 23 e 24 maggio a Istanbul, alla presenza del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon e di cinquemila funzionari governativi e rappresentanti di organizzazioni umanitarie e non governative. Si tratta del primo vertice mondiale, che si è dato come compito l’individuazione di misure per far terminare i conflitti e rendere efficaci gli aiuti umanitari, aiutando i diversi paesi a rispondere alle crisi. Un obiettivo ambizioso per un meeting di due giorni, ed è certamente significativo che si svolga in Turchia, due mesi dopo l’accordo con l’Europa, che individuava nel paese di Erdogan il partner giusto per gestire l’emergenza dei rifugiati.

Molte le tavole rotonde sui nodi cruciali, dagli aiuti economici alle pratiche di aiuto; tra le sessioni speciali, da sottolineare anche l’impegno e il possibile contributo delle comunità di fede, ma anche la necessità di tutelare l’indipendenza e la sicurezza del lavoro dei giornalisti in zone sensibili, un tema che dovrebbe scaldare la platea o almeno smuovere qualche imbarazzo in casa turca.

Non è d’altronde l’unico, se si pensa che soltanto pochi giorni fa dalla Grecia è arrivato un segnale forte: una commissione incaricata di esaminare il ricorso in appello di un richiedente asilo siriano, bloccato sull’isola di Lesbo, ha accolto la sua richiesta di non essere mandato in Turchia, in quanto paese terzo non sicuro. «La Turchia – si legge nel provvedimento – non offre ai rifugiati i diritti fondamentali ai quali hanno diritto secondo i trattati internazionali». Sentenza importante perché crea un precedente e in quanto tale fa scricchiolare tutto l’impianto dell’accordo firmato il 18 marzo scorso fra Unione europea e Ankara. Dalla fine di marzo, questa commissione ha già esaminato 174 domande e dato ragione a 100 rifugiati, che hanno così ottenuto il diritto di restare in Grecia.

Doveva succedere, ed è successo: adesso, la motivazione firmata da due giudici su tre, che dichiara la Turchia paese inadatto ad accogliere rifugiati, farà probabilmente crescere il numero dei ricorsi dei singoli richiedenti asilo (più di 8500, fermi sulle isole greche, aspettano ancora una risposta sul loro destino, mentre gli sbarchi continuano, anche se in misura minore rispetto all’anno scorso).

Una decisione, quella della commissione greca, che si spera non venga elusa dal Summit di Istanbul, anche se certamente non saranno in pochi a voler spazzare sotto il tappeto l’imbarazzante definizione di “paese non sicuro” affibbiato alla Turchia, proprio quando quest’ultima ha la possibilità di sbandierare davanti al mondo il suo modello di aiuti ai più fragili. Senza contare le notizie negative che continuano ad arrivare dalle zone di confine, dall’accusa di sparare sui migranti che tentano di passare la frontiera ai cinque siriani rimasti uccisi in circostanze poco chiare, come ha denunciato l’ong Human Right Watch.

Foto: via flickr.com