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Ciò che esclude non è mai educativo

In una scuola media di Peschiera Borromeo, vicino a Milano, una classe ha organizzato un’uscita didattica valida per tutti, ad esclusione di una alunna. Il motivo: non partecipa all’ora di religione. L’uscita è stata preparata all’interno della lezione di religione cattolica, dunque non c’è nulla di strano nell’esclusione di chi non l’ha scelta. Ma la scuola pubblica non dovrebbe garantire percorsi di inclusione per tutti, indipendentemente dalle materie frequentate? Alcune famiglie hanno scritto alla preside dell’istituto e la discussione è stata costruttiva: i genitori hanno chiesto di riflettere sull’opportunità di uscite didattiche che impediscano la partecipazione a qualcuno.

«Purtroppo accade spesso, anche con altre modalità – dice Silvana Ronco, membro del Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, e per anni coordinatrice dell’Associazione 31 ottobre, per la laicità e il pluralismo nella scuola – spesso si abbina anche una semplice visita a una chiesa alla disponibilità di un insegnante di religione cattolica per accompagnare non il gruppo classe, ma solo una parte, visto che l’attività è facoltativa. È un momento parziale di vita della scuola e questo percorso fa risaltare quanto sia inopportuna la sua collocazione all’interno dell’orario obbligatorio: nel caso di una gita risalta ancora di più la separazione del gruppo classe, che avviene tra l’altro su una tematica – la religione – per la quale sarebbe interessante offrire a tutti l’opportunità di esprimersi, formarsi e informarsi. I genitori hanno fatto bene a sollecitare una risposta della dirigente, perché spesso non c’è la sensibilità di capire che non si deve escludere qualcuno da opportunità educative che dovrebbero essere rivolte a tutta la classe. Nessun percorso educativo è opportuno laddove esclude. Soprattutto in una scuola pubblica statale che ha come missione l’inclusione. Le modalità per inglobare le diverse appartenenze religiose possono esserci, ma si dovrebbero evitare attività che escludono». Il discorso vale anche perché un’uscita didattica rischia di coinvolgere anche le altre ore oltre a quella di religione: «è legittima da parte delle famiglie la scelta se far frequentare o no ai propri figli l’insegnamento religioso cattolico – continua Ronco – ma non è legittimo separare il gruppo classe appellandosi all’appartenenza religiosa, poiché è discriminante».

Nel febbraio del 2016 l’associazione 31 ottobre, a sedici anni dalla sua nascita, si è sciolta per l’impossibilità di mantenere in piedi una macchina organizzativa complessa con le poche risorse umane a disposizione. I membri però non hanno smesso di lavorare e da poche settimane il gruppo di lavoro è stato adottato dalla Cosdi, Commissione Studi Dialogo Integrazione, sempre in seno alla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. «Non si è più sotto la veste di un’associazione, ma si lavorerà come gruppo di lavoro all’interno di una commissione prevista dall’ultima Assemblea delle chiese evangeliche in Italia – conclude Silvana Ronco – rientreremo nei lavori della Cosdi che si occupa di studi, laicità e dialogo interreligioso. Ci è stata data la disponibilità dai membri per accompagnarci nel proseguimento del nostro impegno della promozione della laicità e del pluralismo nella scuola pubblica italiana: ne siamo molto contenti e non vediamo l’ora di poter iniziare a operare sotto questa veste. Il gruppo di lavoro avrà un ricambio ma vedremo di inserirci rispettando le tappe del percorso Cosdi che è già iniziato».