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Entro la fine dell’anno riaprirà l’ospedale valdese di Torino

Dopo le vicende che negli anni scorsi hanno portato alla chiusura dell’ospedale valdese di Torino, sembra aprirsi una nuova speranza per la struttura appartenuta alla Tavola fino al 2004, anno della cessione alla Regione a condizione di mantenerne qualità e servizi. Una promessa infranta con la chiusura nel 2013 da parte della giunta Cota e con la definitiva sentenza del Tar a inizio 2015 che rigettò il ricorso della Tavola per la riapertura della struttura. Ora è prospettata una nuova attività sanitaria come Casa della Salute, una struttura in cui effettuare le prime diagnosi, in cui trovare servizi sociali o posti letto per ricoveri post-acuzie. Secondo l’assessore regionale alla Sanità Antonio Saitta, la struttura di via Silvio Pellico potrebbe riaprire entro la fine dell’anno. Commentiamo la notizia con Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola Valdese.

Cosa significa questa riapertura?

«Prima di tutto che riaprono le porte della sede storica dell’Ospedale Valdese di Torino conservando la vocazione sanitaria che ha avuto per un secolo e mezzo. Si tratta, però, di una vocazione nuova, almeno per il Piemonte: la Casa della Salute è un luogo attrezzato dove è possibile accogliere i pazienti per un orario molto ampio, dove trovare medici per le prime cure, dove poter fare diagnosi; probabilmente ci saranno dei letti per la prosecuzione della convalescenza per coloro che escono dagli ospedali torinesi sovraffollati. Una struttura sanitaria non più classicamente ospedaliera, come l’abbiamo conosciuta, ma comunque al servizio della popolazione».

La Tavola è stata coinvolta in questo progetto?

«Quando abbiamo fatto l’accordo di trasferimento alla Regione delle strutture valdesi nel 2004 abbiamo ottenuto di continuare a seguire, almeno dal punto di vista morale, l’attività di questi istituti con una consultazione costante. Nel corso del tempo abbiamo dovuto assistere a progressivi impoverimenti dell’attività e addirittura a una chiusura illogica, irrazionale e incomprensibile a Torino. Abbiamo però continuato a insistere perché si trovasse una soluzione adeguata che conservasse la vocazione sanitaria di questi istituti, sia nelle valli valdesi, a Pomaretto e Torre Pellice (cosa che appare abbastanza realizzata), sia a Torino anche se è stato più difficile. Data la situazione questa soluzione appare soddisfacente, ma bisognerà vedere esattamente i contenuti: noi abbiamo chiesto che la struttura potesse riprendere una delle sue eccellenze, ovvero la senologia diagnostica e il percorso per la salute della donna. Probabilmente non sarà possibile, ma nel campo della salute femminile c’è molto da fare. Saitta, ma anche il Sindaco e la vicesindaca sono stati particolarmente attenti e sensibili al fatto che la città soffre di una carenza di servizi, con una emigrazione fuori regione per cercare ciò che la città non riesce più a offrire. Siamo al livello della programmazione, ma aspettiamo davvero il giorno in cui potremo assistere alla riapertura delle porte del Valdese di Torino».

Quanto c’è delle richieste della Tavola in questo progetto?

«Noi avevamo chiesto il ripristino della situazione precedente, motivo per cui avevamo anche fatto ricorso al Tar. La dimostrazione pratica è stata che, nonostante dichiarazioni e promesse dei vari assessori alla salute, i servizi del Valdese non sono stati garantiti in altri ospedali torinesi, ed è stato dimostrato anche su base statistica. Quello era il primo obbiettivo, questo è un “piano b” non essendoci più le condizioni generali in Piemonte per riaprire una struttura di eccellenza sanitaria chiusa ormai da anni, ma la speranza di aprire con un servizio utile e qualificato. La soluzione indicata nella scorsa primavera da Saitta abbiamo continuato a seguirla, a studiarla insieme, abbiamo avuto degli incontri con l’assessore e con i tecnici della sanità e sembra che siamo in fase avanzata di progettazione. Trovare delle soluzioni è stato estremamente difficile: in questi anni purtroppo abbiamo visto le attese allungarsi, difficoltà di ricoveri, pronti soccorso pieni e necessità di ricorrere al privato. Lo abbiamo fatto anche insieme ai sostenitori dell’ospedale [come il movimento Mettiamoci le tette, ndr] in modo che, al di là dei dispiaceri e dei sogni, si potesse concretizzare un progetto realistico per la situazione attuale, con la nostra disponibilità a aiutare nei limiti nel possibile».

Foto: via Radio beckwith