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Il deterioramento della libertà religiosa nel mondo

La Commissione Usa sulla libertà religiosa internazionale (Uscirf) – istituita dalla legge sulla libertà religiosa internazionale del 1998, con il compito, tra gli altri, di individuare quei Paesi i cui governi siano responsabili o abbiano tollerato sistematiche e gravi violazioni della libertà religiosa – ha pubblicato ieri il suo Rapporto 2016.

Secondo lo studio la libertà religiosa è «deteriorata» in tutto il mondo in seguito agli abusi commessi da soggetti governativi e non.

La Commissione statunitense ha evidenziato che un certo numero di paesi sono «afflitti da estremismo e violazioni della libertà religiosa», che è «sotto attacco grave e prolungato».

Il Rapporto evidenzia le violazioni della libertà religiosa in più di 30 paesi, tra cui Cina, Sudan, Corea del Nord, Nigeria, Pakistan, Iraq e Siria, passando in rassegna la situazione dei prigionieri di coscienza, il drammatico aumento del numero di rifugiati e sfollati interni, fino ai reiterati atti di intolleranza contro gli ebrei e musulmani in Europa.

Si allunga la lista dei «paesi che destano particolare preoccupazione», dove «violazioni particolarmente gravi della libertà religiosa si perpetuano o vengono tollerate».

In Cina, il governo comunista ha «intensificato la sua persecuzione di gruppi religiosi ritenuti una minaccia per la supremazia e il mantenimento della “società socialista”», si legge nel rapporto. Le comunità cristiane hanno sopportato il peso della repressione attraverso la demolizione di numerose chiese e l’abbattimento di croci. Bersagli della repressione comunista cinese sono anche gli uiguri musulmani (etnia turcofona di religione islamica che vive nel nord-ovest della Cina, ndr.), i buddisti tibetani e i seguaci del Falun Gong.

Altrettanto preoccupante la situazione della Corea del Nord, dove la libertà religiosa è praticamente inesistente. Il governo controlla ogni espressione e attività politica e religiosa e punisce coloro che mettono in discussione il regime con arresti, torture, prigionia, fino all’esecuzione capitale. Tra le persone incarcerate ci sono nordcoreani sospettati di contatti con i sudcoreani e missionari stranieri che sono stati trovati in possesso di Bibbie.

In Pakistan, più che in qualsiasi altro paese del mondo, cresce il numero di persone che sono nel braccio della morte o condannati all’ergastolo per blasfemia. L’applicazione di questa legge incoraggia i talebani e singoli vigilantes pakistani a perpetrare orribile violenza contro le comunità religiose e le persone percepite come trasgressori. Solo per citare due casi: Abul Shakoor, accusato di propagare la fede musulmana Ahmadiyya (che incoraggia il dialogo interreligioso ed è impegnato nell’opera di correzione dei vari malintesi che si nutrono sull’Islam in Occidente, ndr.), è stato condannato il 2 gennaio 2016 a cinque anni di carcere con l’accusa di blasfemia e a tre anni per accuse di terrorismo. Mentre Asia Bibi, madre cattolica di cinque figli, è nel braccio della morte dal 2009 con l’accusa di blasfemia.

Spostandosi in Africa, il Rapporto evidenzia che in Eritrea, dalle 1.200 alle 3.000 persone sono state arrestate per motivi religiosi e sono detenute in prigioni, dove subiscono crudeli punizioni. La dittatura eritrea controlla gli affari interni delle religioni registrate dallo Stato, come quella cristiana ortodossa e quella musulmana, e vieta le attività pubbliche di tutte le comunità religiose non registrate. A subire le peggiori violazioni sono soprattutto gli evangelici, i pentecostali e i Testimoni di Geova.

Il Rapporto denuncia aspramente il trattamento che lo Stato Islamico riserva a yazidi, cristiani, musulmani sciiti e sunniti, compiendo «uno sforzo genocida di cancellare la loro presenza» dall’Iraq e dalla Siria.

In particolare vengono condannate le «esecuzioni sommarie, gli stupri, la schiavitù sessuale, la sottrazione di minori, la distruzione dei luoghi di culto, e le conversioni forzate perpetrate dall’Isis».

La Commissione accusa i governi di Siria e Iraq non solo di non saper proteggere queste minoranze della popolazione dall’ISIS ma di essere complici «nel fomentare le tensioni settarie che hanno reso le loro nazioni così vulnerabili»

Lo studio si sofferma anche sull’Europa occidentale dove si evidenzia un considerevole aumento di incidenti antisemiti e attività anti-musulmani, che la Uscirf ha definito una «tendenza preoccupante».

Nonostante il rafforzamento della presenza della polizia nei luoghi dove gli ebrei europei si riuniscono, l’aumento dell’antisemitismo ha prodotto una crescita esponenziale dell’emigrazione ebraica dall’Europa, con l’immigrazione in Israele dalla Francia che passa da meno di 2.000 persone nel 2012 a circa 8.000 nell’anno scorso.

Gli attacchi terroristici, che hanno sconvolto negli ultimi due anni l’Europa, hanno prodotto contraccolpi anche sulla comunità musulmana europea. In diversi paesi le moschee sono sotto il controllo e la protezione della polizia, e più volte i sostenitori dell’Unione europea hanno sottolineato l’importanza di non stigmatizzare tutti i musulmani.

In conclusione la Commissione Usa sulla libertà religiosa internazionale (Uscirf) afferma che il deterioramento della libertà religiosa in tutto il mondo esige l’azione della comunità internazionale. Azione che, per essere efficace, deve riconoscere il fatto inequivocabile che il diritto alla libertà religiosa è il dato ricorrente in molte delle situazioni di violenza e ingiustizia, che merita di avere uno spazio nelle sedi in cui le nazioni discutono di questioni urgenti, come l’aiuto umanitario e la sicurezza. «Gli Stati Uniti e gli altri paesi devono garantire pienamente il rispetto di questo diritto e raddoppiare gli sforzi per difendere questa libertà fondamentale in tutto il mondo».

Foto: via flickr.com, utente Blaine O’Neill