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Sfogliando i giornali del 21 aprile

01 – Egitto, Morsi condannato a 20 anni di carcere

L’ex presidente egiziano Mohamed Morsi, deposto da un colpo di stato militare nel 2013, è stato condannato a 20 anni di carcere per il suo coinvolgimento in arresti e torture a manifestanti durante il suo mandato. Morsi, primo presidente eletto attraverso elezioni nella storia dell’Egitto e supportato dai Fratelli musulmani, è stato ritenuto colpevole di “incitamento all’omicidio” di manifestanti che protestavano fuori dal palazzo presidenziale di Ittihadiya nel dicembre 2012. È la prima sentenza in un processo a suo carico, dal suo rovesciamento, mentre insieme ad altri 14 imputati è stato assolto dall’accusa di omicidio premeditato e possesso illegale di armi. La condanna dell’ex presidente rappresenta un nuovo colpo per la fratellanza musulmana, già bersaglio di una repressione che ha portato all’uccisione di oltre 1400 manifestanti e a migliaia di arresti e condanne a morte in processi di massa.

02 – Yemen, secondo l’Iran oggi potrebbe arrivare un cessate il fuoco, ma l’Arabia Saudita dice no

I paesi sunniti del Golfo, che da settimane stanno conducendo un’offensiva contro i ribelli Houthi che hanno deposto il presidente yemenita Hadi, hanno comunicato al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che non ci sarà nessun cessate il fuoco immediato a meno che i ribelli Houthi non procedano a un ritiro da tutti i territori del paese. Tuttavia, secondo il rappresentante iraniano degli Esteri, Abdollahian, oggi potrebbe arrivare l’annuncio di un cessate il fuoco. «Nelle prossime ore, dopo molti sforzi – ha dichiarato –, potrebbero interrompersi le ostilità». Ieri, intanto, un raid aereo saudita ha colpito un deposito di armi e munizioni dell’esercito yemenita, provocando diverse esplosioni in un quartiere abitato della periferia di Sana’a, e le fonti ospedaliere parlano di 46 vittime e 300 feriti.

03 – Russia, ucciso il leader dell’Emirato del Caucaso, Aliaskhab Kebekov

Le forze speciali russe hanno annunciato questa mattina l’uccisione di Aliaskhab Kebekov, alias Ali Abu Mukhammad, il capo dell’autoproclamato Emirato del Caucaso. Il leader politico, che si trovava nel Daghestan, era il ricercato numero uno in Russia dopo l’uccisione, nel marzo 2014, del fondatore del gruppo, Doku Umarov. Kebekov era ricercato anche dagli Stati Uniti. Nell’operazione sono morti anche altri quattro militanti, due dei quali erano leader regionali dell’Emirato del Caucaso, un gruppo che intende stabilire uno stato islamico nel Caucaso russo e che ha esteso la guerriglia a tutta la regione. Nonostante fosse ritenuto dalla Russia il principale nemico del paese, ora alcuni osservatori temono che la morte di Kebekov lasci spazio all’ala più radicale del movimento separatista caucasico, che si era separata lo scorso anno ritenendone la leadership troppo moderata.

04 – Grecia, il governo chiede liquidità alle amministrazioni locali

Il governo greco ha comunicato alle amministrazioni locali l’obbligo di trasferire alla banca centrale del paese le proprie disponibilità di contanti. «Gli enti del governo – si legge nel decreto – sono obbligati a depositare le loro riserve di fondi nei conti della Banca di Grecia. La legge è dovuta a bisogni estremamente urgenti e imprevisti». L’obiettivo, secondo le stime, è quello dei due miliardi di euro, che servirebbero per evitare un default che si può stimare in 313 miliardi di euro in obbligazioni e che potrebbe causare l’uscita dall’eurozona. L’unico caso simile nella storia economica recente è quello dell’Argentina: nel 2008, infatti, la presidente Cristina Fernandez aveva nazionalizzato 24 miliardi di dollari di pensioni depositati in fondi privati per finanziare le casse del governo.

05 – Sudafrica, appello del re zulu contro le violenze xenofobe

Il re del popolo zulu, Goodwill Zwelithini, ha chiesto ieri che «nessuno straniero sia più attaccato» e che si metta fine a «questi atti vili». Durante un evento pubblico a Durban, città da circa tre settimane al centro delle violenze xenofobe che hanno provocato 7 morti, il re, autorità tradizionale ma con un ruolo riconosciuto dalle leggi sudafricane, ha risposto alle critiche che gli sono state mosse, negando la propria responsabilità nell’aver provocato lo scoppio di violenze. Il sovrano aveva invitato gli stranieri a «fare i bagagli ed andarsene», sostenendo tra l’altro che togliessero lavoro ai sudafricani. In seguito alle prime violenze il re si era difeso affermando che il suo discorso fosse stato mal tradotto, e questa tesi è stata ribadita anche oggi.

Foto “Mohamed Morsi-05-2013” by Wilson Dias/ABr – Agência Brasil. Licensed under CC BY 3.0 br via Wikimedia Commons.