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L’urbanistica, la libertà di culto e la Costituzione

In Veneto il 4 aprile è stata approvata una legge riguardante l’urbanistica che modificando e integrando una norma del 2004 sul governo del territorio, impone forti limitazioni per chi vuole aprire un luogo di culto. La legge è stata subito ridefinita “anti-moschee” in riferimento ad una simile promulgata in Lombardia l’anno scorso – criticata dalla Corte Costituzionale – e visti gli evidenti riferimenti che toccano maggiormente la realtà religiosa islamica. Come per la Lombardia, sono previsti vincoli urbanistici come la creazione di strade e parcheggi a spese dei richiedenti, la lingua italiana consigliata per le pratiche esterne al culto e inoltre istituisce la possibilità di referendum per le questioni relative all’urbanistica, ma che sembra uno strumento per assoggettare all’opinione dei cittadini un diritto costituzionalmente sancito. In Veneto, il 12 gennaio la Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (Ccers) e l’Ufficio legale della Tavola valdese, insieme ad altre confessioni religiose, aveva portato la questione davanti alla Seconda Commissione del Consiglio Regionale del Veneto, che aveva però espresso parere favorevole alla legge.

I fatti evidenziano ancora una volta la mancanza di una legge adeguata che permetta e regolamenti le libertà religiose in rispetto della Costituzione, superando il testo dei “culti ammessi”, risalente al periodo fascista.

Il 20 aprile è stata presentata un’interpellanza dai deputati Lacquaniti e Chaouki al Ministro degli Interni contro la legge, ritenuta incostituzionale perché viola il diritto di libertà religiosa. Ne abbiamo parlato con Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, che era anche presente all’incontro.

Sembra di rivedere la legge “antimoschee” lombarda?

«Questa legge veneta, con qualche astuto ritocco cosmetico, ricalca la legge regionale lombarda che è stata impugnata anche dalla Fcei e che la Corte Costituzionale poche settimane fa ha dichiarato non rispettare la Costituzione in alcuni punti. Con la scusa del governo del territorio e dei vincoli paesaggisti si mettono una serie di condizioni pesantissime sulla possibilità di costruire o aprire nuovi locali di culto. Una legge detta “antimoschee” perché forse è il primo obiettivo, ma non è solo questo: in Lombardia abbiamo visto che a fare le spese di questi crescenti vincoli e impedimenti sono state anche molte comunità evangeliche. In particolare sono piccole chiese, che non hanno un’intesa con lo stato e che sono formate da immigrati: diciamo che oltre a essere una legge anti-moschee sembra più una legge anti-immigrati».

Nonostante il recente parere della Consulta sul caso lombardo, il Veneto va avanti

«Tutto questo accade perché in Italia non abbiamo ancora una legge quadro che garantisca la libertà religiosa che nella stessa Costituzione è sottolineata più di una volta: siamo ancora con le leggi fasciste del 1929. C’è una carenza di fondo e da anni ci battiamo come evangelici perché venga approvata una legge quadro che garantisca a tutti l’esercizio della libertà di coscienza e libertà religiosa, anche a chi non ha ancora un’intesa con lo Stato, o non ha interesse ad averla. Su questo un gruppo di giuristi sta lavorando, coordinato dal professor Zaccaria, in collaborazione con le varie confessioni religiose e quindi anche con la Fcei e si spera che a settembre si possa presentare il testo».

Anche perché le chiese evangeliche sono intrecciate con le realtà di immigrazione…

«Si. E non a caso all’interno della Federazione abbiamo un programma, Essere chiesa insieme, che cerca soprattutto di lavorare a una integrazione di credenti italiani e di origine straniera all’interno delle nostre piccole comunità, che sono state arricchite e rivitalizzate dalla presenza di molti immigrati protestanti provenienti dall’Africa, dall’Asia o dall’America latina, per esempio».

La Fcei è intervenuta durante la presentazione dell’interpellanza

«Così come eravamo intervenuti a proposito della legge lombarda, anche in questo caso ci sembra che si cerchi di limitare il diritto di tutti alla libertà di coscienza e di religione e lo si faccia nella prospettiva di creare dei ghetti: una delle caratteristiche di questa legge è che i nuovi locali di culto possano essere aperti solo in aree periferiche, in modo da non essere visibili e non dare fastidio. Inoltre devono anche essere distanti le une dalle altre. Questo ci sembra strano, perché è l’opposto di una politica intelligente di integrazione e dialogo tra le realtà del mondo immigrato e la comunità che li circonda. Credo si tratti di mosse elettorali. Il fatto che una regione ci abbia provato, la Corte Costituzionale l’abbia sbugiardata e ciò nonostante un’altra regione ci riprovi (anche se governate dalla stessa forza politica) lo trovo preoccupante. Bisogna eliminare i margini di discrezionalità, proprio per l’assenza di una legislazione chiara attuale, e non del 1929».

Foto: Dvidshub via Flickr