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Donne forti ricostruiscono il Nepal

Sono le donne a ricostruire i villaggi del Nepal. Il terremoto dell’anno scorso ha ridotto in macerie la gran parte del paese, ma ha anche fatto cadere dei secolari muri di divisione sociale. «Mi era stato insegnato che non è bene per una donna parlare con degli stranieri. I miei compiti erano in casa e nei campi – spiega Kabita Shresta, 32 anni, mentre con guanti, stivaloni e vanga si prende una pausa dal suo nuovo lavoro -. Oggi invece parlo con i giornalisti e voglio esprimere tutto ciò che ho nel cuore». Kabita fa parte di un gruppo di donne che con le loro mani producono mattoni per ricostruire le case distrutte. Il suo villaggio, Sanogoan, nella valle di Kathmandu, è ancora una tendopoli, ma grazie al suo impegno e a quello delle sue compagne a poco a poco la gente tornerà ad abitare delle vere e proprie case. «Il terremoto ci ha unite, ci ha spinte ad affrontare il mondo esterno e a trovare la nostra forza».

Le donne di Sanogoan rappresentano bene la situazione femminile in Nepal. Già prima del terremoto, nel 25% dei casi il peso della conduzione familiare ricadeva sulle spalle delle donne per l’assenza degli uomini, emigrati per lavoro nel Golfo persico, in Indonesia o in Malaysia. Dopo il sisma questa percentuale è aumentata ed ora la ricostruzione del Paese è davvero nelle mani delle donne. «Le donne partecipano ai processi decisionali – spiega Nani Maya Thapa, direttora del Forum creativo delle donne delle campagne -. E i donatori hanno fiducia nelle donne, perché tendono ad essere più responsabili. Per queste ragioni, il loro potere contrattuale nella società è cresciuto». I problemi naturalmente non mancano. Le donne sono entrate in ambiti prima preclusi, ma i lavori domestici e la cura familiare ricadono comunque su di loro; rimane difficile ottenere un prestito se un uomo non garantisce per loro. Le tendopoli del post-terremoto rimangono dei luoghi poco sicuri, dove si consumano violenze raramente denunciate. Tuttavia, qualcosa sembra davvero cambiato. Lo conferma anche Madhu Suman della Federazione luterana mondiale (Flm), una delle tante organizzazioni che sostiene il lavoro di ricostruzione nel Paese asiatico: «Prima, negli incontri pubblici le donne non aprivano bocca. Ora, invece hanno una voce».

Le donne di Sanogoan hanno già prodotto 80mila mattoni in tre mesi. Per ricostruire il piano terreno di tutte le case del villaggio ne saranno necessari circa 200mila, ma l’obbiettivo delle lavoratrici è costruire abbastanza laterizi per innalzare edifici di due paini. Il progetto è coordinato e sostenuto dalla Flm che ha fornito materiali, attrezzature e formazione professionale. In più, Sanogoan è stato identificato da Action by Churches Toghether (Act) Alliance, una agenzia umanitaria ecumenica, come un villaggio modello, un esempio da riproporre: per questo garantirà, attraverso i suoi diversi partner, i servizi necessari, dall’impianto idrico e fognario ai presidi medici e di aiuto psicologico. «Intanto – ragionano le donne dei mattoni -, mentre lavoriamo, pensiamo al nostro futuro, a come guadagnarci da vivere magari nel turismo, nel piccolo commercio oppure … come muratrici!»

Photo: ACT Alliance/Paul Jeffrey via LW