palestine-gaza-strip-in-2015-678979_1280

Sfogliando i giornali del 14 aprile

01 – Italia, il ministero dell’Interno chiede ai prefetti di trovare nuovi posti per i migranti

Il ministero dell’Interno ha inviato una circolare a tutti i prefetti del paese chiedendo loro di individuare nuove strutture di accoglienza sui loro territori. Il motivo, secondo il documento redatto dal prefetto Mario Morcone, è la necessità di far fronte al previsto nuovo arrivo di migliaia di migranti sulle coste italiane a causa della situazione in Libia e in Siria, per ora lontana da miglioramenti significativi. Nella circolare si afferma che «servono subito 6.500 posti», che possono essere trovati anche ricorrendo a provvedimenti di requisizione o di «occupazione d’urgenza», e che le soluzioni individuate devono essere nell’ottica di forme di accoglienza civile per i migranti e i richiedenti asilo. Le stime parlano di 700 posti messi a disposizione dal Piemonte e altrettanti da Campania, Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto, mentre Lazio, Marche e Puglia dovrebbero fornirne tra i 250 e i 300. Circa 1.500 andranno individuati nelle altre regioni.

02 – Stati Uniti, il Tennessee sospende le esecuzioni capitali in attesa della decisione della Corte suprema

Nella serata di ieri, il Tennessee ha comunicato la propria decisione di attendere il giudizio della Corte suprema locale a proposito della costituzionalità della sedia elettrica e dell’iniezione letale come metodo per uccidere i condannati a morte. In particolare, il sistema dell’iniezione letale, il più usato nei 32 Stati su 50 in cui la pena capitale è ancora applicata, è in crisi per via della mancanza del sedativo Penthotal, una delle tre sostanze che formano il cosiddetto “cocktail letale”, sottoposta a boicottaggio da parte delle case farmaceutiche. Negli Stati Uniti, infatti, soltanto una società produceva ancora il sedativo, ma ha smesso nel 2014 in supporto alla campagna globale contro la pena di morte. Il farmaco viene ancora prodotto in Gran Bretagna e India, ma Londra ha deciso di bloccare i rifornimenti. La decisione del Tennessee di sospendere le esecuzioni segue quella di Alabama, Florida, Georgia, Ohio e Oklahoma, mentre stati come lo Utah hanno deciso di tornare alla fucilazione.

03 – Palestina, 46 Ong internazionali denunciano la situazione di Gaza: «promesse non mantenute»

46 organizzazioni umanitarie, tra cui Oxfam e Christian Aid, hanno firmato un appello congiunto per rilanciare la ricostruzione della città. Secondo le organizzazioni, la ricostruzione della città è lenta e «la popolazione è stremata». Il rischio che il conflitto nell’area possa riprendere è alto, e la mancanza di case e scuole rappresenta una vera e propria emergenza. A sei mesi di distanza dalla Conferenza dei paesi donatori sulla riedificazione di Gaza gli impegni assunti per lo stanziamento di 3,5 miliardi di dollari sono lontani dall’essere mantenuti e le condizioni di vita di moltissimi abitanti continuano a peggiorare. «Dalla guerra della scorsa estate – si legge nel comunicato – non è ancora stato fatto nessun reale progresso per ricostruire Gaza».

04 – Ucraina, Mosca e Kiev estendono il ritiro delle armi dall’est del paese

Il governo ucraino si è accordato con la Russia per chiedere il ritiro delle armi pesanti ancora presenti nell’est del paese ed escluse dalla precedente intesa. La notizia, arrivata questa mattina, segna un tentativo di rafforzare una tregua che appare fragile e che nelle ultime settimane ha visto un ritorno degli scontri tra truppe governative e ribelli filorussi. L’accordo è stato raggiunto a Berlino durante l’incontro tra i ministri degli esteri dei due paesi insieme a Francia e Germania, e riguarda mortai, carri armati e armi pesanti di calibro inferiore a 100 mm. Tutte le parti hanno confermato il loro impegno a rispettare l’accordo di cessate il fuoco, raggiunto il 12 febbraio, anche se, secondo il ministro degli esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, «le differenze di opinione tra Kiev e Mosca sono risultate evidenti ancora una volta».

05 – Rwanda, al via l’ultimo processo internazionale sul genocidio

Si è aperto oggi e proseguirà fino al 24 aprile l’ultimo processo del Tpir, il tribunale internazionale per il Rwanda: si tratta dell’appello del procedimento in cui è imputata, tra gli altri, Pauline Nyiramasuhuko, ex ministro della Famiglia e la prima donna riconosciuta colpevole di genocidio da una corte internazionale. Nyiramasuhuko, condannata all’ergastolo insieme ad altre due persone, era stata considerata responsabile delle violenze commesse dai miliziani Interahamwe. Altri tre funzionari, nell’ambito dello stesso processo, erano stati condannati a pene tra i 25 e i 35 anni, e per tutti il verdetto è atteso entro agosto. Secondo il programma, il Tpir avrebbe dovuto cessare le sue attività lo scorso anno, a 20 anni di distanza dalla sua istituzione, ma il Consiglio di sicurezza dell’Onu ne ha prolungato il mandato per permettere la conclusione del processo in corso. Dopo la fine dei procedimenti di questo tribunale, gli accusati per il genocidio ruandese che ancora non sono stati consegnati alla giustizia, nove persone in tutto, potranno essere giudicati dalla giustizia nazionale.

Foto via Pixabay | Licenza: CC0 Public Domain