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La follia delle ruspe al Brennero

In queste ore a Strasburgo si sta svolgendo la sessione plenaria del Parlamento europeo: l’unica istituzione eletta dell’Unione, un emiciclo che dal 1979, anno del primo suffragio continentale, sfida, con la sua sola esistenza, il concetto stesso di confine nazionale. Prima che Bruxelles diventasse la capitale delle istituzioni comunitarie, il Parlamento e la Corte europea dei diritti dell’uomo sbocciarono a Strasburgo, sulle rive del fiume Reno, proprio perché è su quelle acque che, per secoli, Francia e Germania incrociarono le baionette. Oggi, due guerre mondiali più tardi, un alsaziano che voglia prendere un gelato a Kehl, la prima cittadina tedesca oltre il fiume, inforca la bici: una ciclabile di qualche chilometro lo conduce al «ponte dell’Europa», simbolo della riconciliazione europea.

Ora, immaginiamo che improvvisamente, sul Pont de l’Europe, comincino dei lavori: che compaiano ruspe, operai in caschetto e pettorina gialla, materiali edili. Immaginiamo che poco alla volta si ipotizzi che, per il bene di una delle due sponde, quel ponte possa venire chiuso. Quale sarebbe, a quel punto, il valore politico dell’assemblea parlamentare sovranazionale che si tiene a poche pedalate da lì? Bene, una domanda simile possiamo già porcela: perché nella stessa mattina in cui eletti europei si riuniscono per discutere di problemi comuni, il governo austriaco ha inviato le ruspe al passo del Brennero per impostare una frontiera d’emergenza da riattivare nei confronti di ipotetici migranti provenienti dall’Italia – al momento, mentre proseguono gli sbarchi mediterranei, non si ha notizia di flussi migratori tra Italia e Austria.

Di qua dalle Alpi, proteste formali non hanno tardato ad arrivare: nella giornata di ieri Renzi era in Iran e Gentiloni in Libia, ma entrambi hanno affilato le loro penne, annunciando una lettera del governo italiano ad Avramopoulos, il commissario europeo agli Affari Interni. Ma per il presidente Heinz Fischer la priorità rimane una sola: 35.000 unità è la soglia d’accoglienza fissata da Vienna, qualsiasi misura preventiva finalizzata al rispetto di questa cifra è, secondo i nostri vicini, legittima. Come abbiamo già avuto modo di scrivere, il governo austriaco è il vero coordinatore della chiusura della «rotta balcanica». A seguito del trattato siglato tra Ue e Turchia, Vienna ora teme l’apertura di una nuova rotta mediterranea che passi da sud, dalla negligente Italia.

Una decina di giorni fa, fiutando il crescente clima di paranoia, l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva affidato a «Repubblica» una lettera aperta all’«amico» Fischer, in memoria dei tempi in cui i politici l’Europa la costruivano: «Nel 1998, da ministro dell’Interno fui al Brennero con il mio omologo ministro austriaco per rimuovere insieme la barriera al confine tra i nostri due Paesi: confine due volte nel corso del Novecento attraversato con la forza da eserciti in guerra tra loro. E a rafforzare il valore della libera circolazione tra Italia e Austria giunse la decisione della costruzione del traforo del Brennero, per il quale salutammo – come presidenti di Italia e Austria, io e Fischer – l’inizio dei lavori. Non è immaginabile che si torni indietro da quella storica svolta per la pace e il comune progresso economico e civile».

Parole al vento? Nel dubbio, anche ai «piani bassi» ci si era mobilitati. Di rientro dalla marcia di solidarietà #overthefortress, domenica 3 aprile qualche centinaia di cittadini italiani reduci dal campo profughi di Idomeni avevano deciso di proseguire la loro manifestazione in Austria, percorrendo a piedi proprio il passo del Brennero. Tanto la stampa austriaca quanto quella italiana avevano dato notizia dei tafferugli, poche voci isolate hanno invece ricordato che l’intervento delle forze dell’ordine austriache, legittimo nella misura in cui ha restituito la strada al traffico, non aveva il diritto di arrestare il cammino dei singoli manifestanti: perché stando ai trattati vigenti, gli italiani sono cittadini europei e possono circolare senza restrizioni all’interno dello spazio Schengen, anche se hanno una maglietta con la scritta «opentheborders».

In conclusione, nei tristi giorni in cui al Brennero si erigono barriere contro migranti fantasma, vale la pena ricordare che «Carovane Migranti» è nuovamente in marcia per l’Italia. Partita da Torino lo scorso 2 aprile, l’ultima tappa di questa carovana a sua volta immaginaria, ma in solidale empatia con tutti i migranti del mondo, è attesa a Catania, il 18 aprile. Alla luce dell’attualità europea, viene una gran voglia di unirsi al gruppo.

Foto: By JMRW67Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=22642115