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«Testimonianza comune davanti al mondo»

Papa Francesco ha citato John Wesley, l’inglese fondatore del metodismo, per salutare il 7 aprile scorso la delegazione metodista mondiale, invitata in Vaticano in udienza privata: «Wesley diceva – ha ricordato Bergoglio – “Se ancora non possiamo pensare nello stesso modo in tutte le cose, possiamo almeno amare nello stesso modo”. È vero che non pensiamo ancora nello stesso modo in tutte le cose, e che su questioni relative ai ministeri ordinati e all’etica molto lavoro rimane da fare. Tuttavia, nessuna di queste differenze rappresenta un ostacolo che possa impedirci di amare nello stesso modo e di rendere una testimonianza comune davanti al mondo». 

Bergoglio conferma con queste parole la sua linea teologica (ribadita nella recente esortazione apostolica Amoris Letitia) che dà priorità alla testimonianza congiunta prima che al dibattito teologico e dottrinale. Una priorità della prassi, che è stata chiamata di volta in volta “ecumenismo della testimonianza”, o, ancora, ecumenismo “della carità”, “della misericordia”, sino a clonare, per la politica vaticana più ad ampio respiro, l’espressione “geopolitica della misericordia”. 

Parole, quelle del papa, in assonanza con quelle usate dalla stessa delegazione metodista. La vicepresidente del Consiglio metodista mondiale, l’irlandese Gillian Kingston, ha ricordato a Bergoglio l’apprezzamento dei metodisti per il suo richiamo al concetto della misericordia e la sua attenzione all’ecumenismo; e che ha indicato come prioritaria l’urgenza di un impegno congiunto verso i migranti, un’emergenza che preoccupa le chiese metodiste in tutto il mondo. 

Un incontro importante quindi: e Bergoglio conosce bene i metodisti. Solo il 5 marzo scorso aveva incontrato sempre in udienza privata proprio la delegazione delle chiese metodiste e valdesi italiane. In quell’occasione raccontò dei ricordi piacevoli degli amici valdesi e metodisti che aveva conosciuto in qualità di vescovo in Argentina, a Buenos Aires. Questa volta il metodismo era rappresentato però a livello mondiale, e l’occasione dell’incontro  era data dall’apertura ufficiale dell’Ufficio ecumenico metodista a Roma (MEOR), il cui direttore Tim Macquiban, pastore della chiesa metodista di Ponte Sant’Angelo a Roma, ha espresso grande soddisfazione; lo stesso Bergoglio, infatti, ha esplicitamente rivolto parole di apprezzamento alla nascita del MEOR: «Mi rallegra di sapere dell’apertura dell’ufficio ecumenico metodista a Roma. Un segno della nostra vicinanza crescente e del nostro desiderio condiviso di camminare sulla via di una piena comunione».

Papa Francesco ha fatto infine menzione ai «quasi cinquant’anni di lavoro della commissione congiunta metodisti e cattolici. Cattolici e metodisti che hanno molto da imparare gli uni dagli altri nel modo di comprendere la santificazione e la maniera di viverla quotidianamente», e ha ricordato come essi debbano «aiutarsi vicendevolmente in ogni cosa che porti al Regno». Tra la delegazione metodista era presente il presidente del Consiglio metodista mondiale,  Paulo de Tarso Oliveira Lockmann; il segretario della Chiesa metodista britannica Gareth J. Powell, il vescovo Mike Watson della United Methodist Church, per l’Italia la presidente dell’ OPCEMI, la diacona Alessandra Trotta, e Claudio Paravati.