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Gli effetti delle scelte europee si vedono sui volti delle persone

Ieri sono iniziate le espulsioni dalla Grecia alla Turchia come prevede l’accordo di metà marzo con il quale l’Europa intende gestire i propri confini e i flussi migratori di persone che cercano rifugio. Tuttavia gestire le cose in un altro modo è possibile, se si guarda la realtà attraverso la lente dei diritti, come ha dimostrato il progetto di corridoi umanitari della Federazione delle Chiese Evangeliche e Sant’Egidio: «siamo contenti di essere riusciti a dimostrare che si può fare, che la società civile organizzata è in grado di rispondere efficacemente ai drammi attuali – dice Francesco Piobbichi, operatore del progetto – un segnale che occorre rilanciare nelle sedi politiche». Ieri, infatti, si è tenuta una conferenza stampa a Roma nella quale il presidente della Fcei, Luca Maria Negro e il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo hanno parlato apertamente del confronto tra questi due modelli di gestione dei flussi. L’équipe di lavoro di Fcei e Sant’Egidio si trova nuovamente in Libano per organizzare il secondo gruppo di persone vulnerabili che potrà arrivare in Italia grazie al canale sicuro. Ne abbiamo parlato con loro.

Piobbichi, come si svolge questa fase del lavoro?

«In questi giorni stiamo illustrando alle persone che abbiamo incontrato nei mesi scorsi, il progetto e la modalità di accoglienza: un passaggio importante perché fin da prima del loro arrivo in Italia noi iniziamo a spiegargli cosa significa per noi accoglienza, reciprocità e responsabilità. E cerchiamo di capire i loro problemi, che sono differenti da famiglia a famiglia e da persona a persona. Per esempio siamo stati a Tripoli, in un campo palestinese dove c’è una ragazza con due bambini che sta iniziando a studiare l’italiano; siamo stati a Sidone, dove abbiamo incontrato altre famiglie siriane che vivono in un grandissimo palazzo occupato senza finestre dove ci sono centinaia di bambini. In Libano la situazione è ancora di forte precarietà nonostante ci sia la tregua in Siria, e continua il forte afflusso di siriani nel paese».

Scegliere le persone che avranno diritto al corridoio non deve essere facile

«La notizia di aver aperto un canale umanitario ha attivato moltissime persone e associazioni che ci inviano segnalazioni. Noi ci muoviamo cercando di avere una rete locale di associazioni e chiese, sia cattoliche che protestanti, che ci segnalino i casi di vulnerabilità che loro reputano più opportuni da portare in Italia. È evidente che a fronte dell’oltre milione di persone potenziali richiedenti asilo, i 500 all’anno del corridoio sono meno di un secchiello di fronte al mare. Però è un forte segnale politico che diamo. È vero che ci troviamo in difficoltà, umanamente, questo lo sapevamo anche prima. Per farci forza ci diciamo che questo è soprattutto un messaggio politico che lanciamo all’Europa, che sul tema dei diritti sta facendo tutt’altro».

Infatti ieri c’è stata la prima espulsione dalla Grecia alla Turchia.

«Come diceva Amnesty International questa operazione è una forma di respingimento collettivo che non tiene conto del principio di tutela per le persone che richiedono protezione e che vengono riportati in un paese che l’Europa giudica sicuro: ma sappiamo tutti che non è così. Per noi è complicato spiegare queste cose ai siriani: ieri parlavamo ad una famiglia, i vicini ci hanno chiesto come entrare in Europa. Quando abbiamo detto che probabilmente anche la Turchia non sarà più una via di transito, le persone hanno cominciato a piangere: qui si vede direttamente quello che l’Europa sta facendo. Quello che indigna è sapere quanti soldi l’Europa ha dato alla Turchia, quasi 6 miliardi di euro: scherzando, pensavamo se quei soldi fossero stati affidati a un progetto come quello di Mediterranean Hope. Avremmo potuto portare in sicurezza e accogliere per un anno circa 3 milioni di persone. Cifre impressionanti, soprattutto di fronte all’attuale gestione della frontiera che non produrrà che altre sofferenze: con la chiusura della Turchia le persone passeranno dalla Libia, con nuovi flussi in Italia, o direttamente dal Marocco. Si sposta solo il problema in avanti senza risolvere nulla. Ovviamente non parlando mai delle cause».

Foto Marco Magnano/Radio Beckwith Evangelica