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Ancora reazioni agli attentati di martedì in Belgio

Giungono come ovvio che sia a flusso continuo le reazioni delle varie chiese e dei loro organismi a seguito dei tremendi attentati in Belgio, che ancora una volta scuotono le fondamenta della traballante idea di Europa.

Non a caso non mancano gli appelli al dialogo, alla reciproca comprensione, unica ricetta per superare odio e diffidenze.

Il pastore Steven Fuite è il presidente del consiglio sinodale della Chiesa protestante unita del Belgio, e in una lettera affidata alle colonne del settimanale Réforme ha voluto ripercorrere le tragiche ore di martedì: «il clima era surreale, sirene di mezzi di soccorso, elicotteri, frastuono. E poi dopo alcune ore il silenzio più profondo, sorprendente. Guardo fuori dalla mia finestra e penso a tutte le vittime e ai loro familiari. La nostra chiesa ha sede non certo in quartiere di lusso, viviamo anzi in mezzo alla popolazione ogni giorno, in una metropoli dai visi così diversi, così multietnica, così magnifica!» Proprio da qui bisogna ripartire: «i vari responsabili dei culti sono soliti riunirsi e dialogare; gli incontri si sono intensificati all’indomani degli attentati parigini dello scorso gennaio 2015 alla sede del settimanale satirico Charlie Hebdo perché non servono solo dichiarazioni roboanti, ma bisogna dimostrare una fattiva volontà di vita solidale all’interno delle nostre società. Spero che Bruxelles e tutto il Belgio sapranno reagire in maniera degna. Siamo tutti feriti ma dobbiamo continuare a perseguire l’ascolto reciproco e a mostrare a noi e al mondo magnifici esempi di convivenza».

Gottfried Locher, presidente della Federazione delle chiese protestanti di Svizzera (Feps) si aggiunge al coro delle ferme condanne dei fatti di Bruxelles: «L’odio dei fanatismi minaccia le società liberali e mette in pericolo la pace. Insieme dobbiamo impegnarci per salvaguardare i valori della libertà, della difesa della dignità umana e dei diritti universali.

Attraverso le colonne dell’agenzia stampa Fides giunge l’amara riflessione dell’arcivescovo cattolico siriano Jacques Behnan Hindo: «purtroppo la popolazione innocente raccoglie anche quello che circoli e poteri europei hanno seminato in Siria e Iraq negli ultimi anni. Le gravi responsabilità delle leadership europee e occidentali, condizionate spesso da interessi egoistici di corto respiro, si manifestano con evidenza in diversi punti. I leader europei, e tutto l’Occidente mantengono da decenni l’asse preferenziale con l’Arabia Saudita e gli emirati della penisola arabica. Negli ultimi decenni, hanno garantito a questi Paesi la possibilità di finanziare in tutta Europa, e anche in Belgio, la nascita di una rete di moschee dove si predicava il wahhabismo, l’ideologia che avvelena l’islam e fa da base ideologica per tutti i gruppi jihadisti. E tutto questo è accaduto perché su tutto prevalevano le logiche economiche e i contratti miliardari coi padroni del petrolio. Flussi di denaro e risorse che alimentano anche le centrali terroristiche». Anche la risposta europea davanti all’emergenza dei rifugiati rappresenta secondo l’arcivescovo siriano un sintomo della debolezza e della confusione in cui versano le leadership europee: «L’Europa sulla questione dei rifugiati ha scelto di trasformarsi in ostaggio della Turchia. Comprendo le difficoltà europee, ma faccio notare che gli sfollati accolti in Europa nel 2015 non superano lo 0,2 per cento della popolazione, mentre in un piccolo Paese come il Libano la loro quota corrisponde ormai alla metà della popolazione locale. Comprendo le lacrime del commissario europeo per la politica estera. Ma ricordo che da 5 anni vengono ammazzati migliaia di siriani musulmani e cristiani, donne uomini e bambini. E non ci sono lacrime per loro».

Foto: Kirchenkreis-aachen