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Siamo quello che respiriamo

A tre mesi dall’atteso Accordo di Parigi sul clima siglato dalla conferenza Cop21 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha pubblicato uno rapporto specifico sul legame tra salute a ambiente.

Secondo i dati raccolti in questo studio – Prevenire le malattie con un ambiente sano: una valutazione globale dell’incidenza dei rischi ambientali sulle malattie, la cui prima edizione risaliva a dieci anni fa – nel corso del 2012 12.6 milioni di persone nel mondo sarebbero morte a causa dell’ambiente insalubre in cui hanno passato la loro vita o le loro ore lavorative. A livello globale, una morte su quattro sarebbe dunque causata da fattori ambientali quali l’inquinamento dell’aria, la contaminazione dell’acqua e del suolo, l’esposizione chimica, il cambiamento climatico, le radiazioni ultraviolette. Fattori che è dimostrato incidano su almeno 100 tipologie di malattie e infortuni.

Intrattengono un rapporto diretto con l’inquinamento atmosferico (compresa l’esposizione al fumo passivo) le cosiddette malattie non trasmissibili (ictus, malattie cardiache, tumori, problemi respiratori) che sono a causa dei due terzi del totale dei decessi per ambiente insalubre. Rispetto a dieci anni fa, le morti per malattie infettive (come la diarrea e la malaria), spesso legate alla scarsità d’acqua, alla mancanza di servizi igienico-sanitari e alla cattiva gestione dei rifiuti, sono diminuiti. L’accesso all’acqua potabile è stato un fattore chiave, insieme a una maggiore diffusione delle vaccinazioni e ad altre precauzioni di base come l’utilizzo di zanzariere trattate con insetticida.

I rischi ambientali mietono maggiori vittime tra bambini e anziani. I primi sono più sensibili alle malattie trasmissibili, i secondi alle malattie non trasmissibili. Ogni anno, la morte di 1.7 milioni di bambini sotto i 5 anni e di 4.9 milioni di adulti di età compresa tra i 50 e i 75 anni potrebbe essere evitata attraverso una migliore gestione ambientale.

A livello regionale, i paesi a basso e medio reddito del Sud-est asiatico e del Pacifico occidentale sopportano il più grande carico di malattie legate all’ambiente, la maggior parte delle quali è attribuibile all’inquinamento dell’aria. Se, ogni anno, in Europa muoiono per deficienze ambientali 1.4 milioni di persone, nel Sud-est asiatico le vittime stimate ammontano a 3.8 milioni; nel Pacifico occidentale a 3.5 milioni e nell’arretrato continente africano a «soli» 2.2 milioni (soltanto nelle Americhe le vittime ambientali non toccano il milione).

Effettuata la diagnosi, il rapporto cita altresì le strategie che i diversi paesi sono chiamati a mettere in atto per la prevenzione delle «malattie ambientali»: misure che si differenziano in base allo sviluppo economico delle società cui si rivolgono. Nel sud del mondo, l’Oms lavora sull’utilizzo di tecnologie improprie per l’uso domestico – cottura e riscaldamento sono alla base di malattie respiratorie croniche, malattie cardiovascolari e ustioni – e insiste con campagne mirate alla diffusione di buone pratiche d’igiene quotidiana, la cui carenza mette a rischio anzitutto la vita dei neonati. A nord-ovest le raccomandazioni cambiano, e le priorità divengono viabilità, pianificazione urbana, costruzione di abitazioni a basso consumo energetico, riciclaggio di rifiuti: tutte misure che ridurrebbero le malattie connesse all’inquinamento dell’aria.

In tutto il mondo l’Oms presta attenzione ad entrambe le fonti di inquinamento, domestiche ed esterne. Durante l’assemblea mondiale della sanità prevista per maggio, sulla base dei dati raccolti l’organizzazione proporrà una road map diversificata per impostare una risposta globale agli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla salute.

Foto Di IncolaOpera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=23316151