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Media e sessismo

Lo scorso 14 marzo si è aperta a New York la sessantesima sessione annuale della Commissione Onu sulla condizione della donna (Uncsw): il principale organo intergovernativo che si dedica esclusivamente alla promozione dell’uguaglianza di genere. Dal 1946, anno della sua istituzione, l’Uncsw documenta la realtà delle donne nel mondo ed elabora standard globali in materia di parità di genere. A seguito della storica Conferenza Mondiale sulla Donna svoltasi a Pechino nel 1995, una risoluzione del Consiglio ha ampliato il mandato della Commissione conferendole un ruolo di monitoraggio sui progressi compiuti dai diversi paesi nell’attuazione della «Dichiarazione di Pechino». È infatti da quello storico documento che si ragiona in termini di empowerment, ovverossia di «crescita» e «sviluppo» della donna in quanto tale, in ogni ambito della vita.

Quest’anno, però, la Commissione non sarà l’unico «luogo» di riflessione. Perché a latere dei lavori dell’Uncsw – dedicati al nesso economico tra il miglioramento della condizione femminile e lo sviluppo sostenibile – l’Unesco ha affidato a una conferenza parallela un tema specifico ma estremamente urgente: quello dell’uguaglianza di genere nei media.

Domani, 18 marzo, il Palazzo di vetro ospiterà dunque un’ulteriore, inedita «tavola rosa». A moderarla sarà la pastora luterana Karin Achtelstetter, segretaria generale dell’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana (Wacc). Tra le relatrici interverranno Irina Bokova, direttrice generale dell’Unesco; Phumzile Mlambo-Ngcuka, direttrice esecutiva di UNWomen; Lee Jin Sook, presidente di Mbc Tv (un canale della Corea del Sud); Claudia Palacios, già conduttrice della Cnn spagnola; Colleen Lowe Morna, direttrice esecutiva di Gender Links e presidente della Global Alliance on Media and Gender.

Muovendo dagli allarmanti dati sul sessismo mediatico recentemente raccolti dal Global Media Monitoring Project (#GMMP2015) le relatrici cercheranno di convergere su possibili azioni concrete, mirate alla lotta ad una discriminazione planetaria, che non caratterizza solamente le periferie dei paesi in via di sviluppo.

In attesa di seguire lo svolgersi del dibattito, si spera che al «gesto» dell’Unesco seguano simili iniziative locali, per andare oltre la semplice consapevolezza di un fenomeno che è riscontrabile nel quotidiano, accendendo la Tv di casa.