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L’uscita dall’Ue minerà la solidarietà tra le nazioni europee

Mentre ormai mancano poco meno di tre mesi al referendum del 23 giugno, nel quale i britannici decideranno se vogliono uscire o meno dall’Unione europea, nei giorni scorsi è intervenuto nel dibattito sul «Brexit» anche Tony Peck, segretario generale della Federazione battista europea (Ebf), che ha invitato i battisti britannici a riflettere sul voto alla luce di alcuni aspetti della storia e identità battista.

In un suo articolo pubblicato qualche giorno fa sul Baptist Times, Peck richiama in primo luogo le origini del battismo, quando nel 1609 un gruppo di perseguitati dalla Chiesa di Stato inglese, a motivo della loro fede, lasciarono l’Inghilterra e si rifugiarono in Olanda dove trovarono accoglienza nella tollerante Amsterdam. Nel continente, i separatisti inglesi – interagendo con le idee religiose e politiche dell’Europa – ampliarono la loro visione teologica. In particolare, a seguito dell’incontro con gli anabattisti continentali, i battisti sposarono la allora nuova e radicale nozione di libertà religiosa per tutti, non solo per se stessi. Con questo patrimonio, i battisti fecero ritorno in Inghilterra.
«La storia battista è dunque nata sia in un contesto europeo sia inglese, ed è profondamente influenzata da entrambi. Voglio invitare i battisti britannici a riflettere su alcuni aspetti della nostra storia e identità battista che potrebbero ispirare il nostro voto».

Alla luce del suo lavoro con le Unioni e Convenzioni battiste europee appartenenti alla Federazione battista europea, Tony Peck afferma di conoscere da vicino il lavoro dell’Unione. Certamente essa ha bisogno di riforme, in particolare «ha bisogno di riconoscere il suo fallimento collettivo nell’affrontare l’aggravarsi della crisi dei rifugiati. Ma credo che per il nostro paese questo sia il momento di non sottrarsi alle sfide, ma di rimanere solidale con gli altri membri della UE e di essere parte della soluzione».

Peck afferma che le radici del battismo inglese sottolineano «l’interdipendenza» delle chiese, non l’indipendenza, che è stata successiva. «Fin dai primi tempi – ha detto Peck – abbiamo abbracciato l’idea che come chiese abbiamo bisogno di aiutarci e consigliarci reciprocamente e che questa è una parte necessaria dell’essere una chiesa locale. Allo stesso modo, l’isola-nazione che siamo, ha bisogno di capire l’interdipendenza delle nazioni, e che l’Unione europea ha fatto finora del suo meglio per stimolare questo senso di solidarietà all’interno di una comunità di nazioni. Tale solidarietà ha avuto al suo centro la nozione che i più forti aiutano i deboli, con un particolare interesse per la promozione dei diritti umani di coloro che soffrono la povertà, le persecuzioni e l’ingiustizia. Questa è stata certamente la visione della solidarietà valuta dai padri fondatori dell’UE, una visione che è offuscata quando l’UE è vista solo come strumento di ricchezza economica».

In conclusione, Peck esprime a chiare lettere una preoccupazione nel caso in cui prevalesse la volontà di uscita dall’Unione: «La possibile uscita della Gran Bretagna dall’UE renderebbe il nostro spirito nazionale meno generoso e accogliente dando, in qualche modo, il “permesso” a tendenze xenofobe di emergere e di tradursi anche in politica. Alla fine alcuni sosterranno che il Regno Unito può fare tranquillamente ogni cosa al di fuori dell’Unione Europea. Ma la mia esperienza di servizio nella Federazione battista europea mi convince che essere al di fuori dell’Unione minerà la solidarietà fondamentale tra le nazioni europee su cui è stata fondata l’Unione europea. Continuo a credere che questo senso di solidarietà sia un valore profondamente cristiano, che sarà meglio onorato, rimanendo nella famiglia europea delle nazioni».