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Liberati 560 indiani schiavi in una fabbrica di mattoni

Più di 560 persone, tra cui donne e bambini, sono state liberate in India nella più grande operazione di soccorso mai compiuta dall’International Justice Mission (Ijm), organizzazione cristiana evangelica impegnata principalmente nella lotta al traffico sessuale e al lavoro forzato.

Lo scorso 2 marzo poliziotti, funzionari governativi e personale dell’Ijm hanno fatto irruzione nella fabbrica di mattoni alla periferia di Tiruvallur, Chennai, dove centinaia di famiglie lavoravano in condizioni di vera schiavitù: costretti a vivere in tende, o in camere di fortuna con tetti di lamiera, ricevevano solo 400 rupie (meno di 5 dollari) a settimana in cambio di giornate di lavoro che cominciavano alle 3 del mattino.

L’operazione è scattata a seguito di una chiamata fatta da un operaio riuscito a fuggire dal luogo, dove – secondo le testimonianze raccolte – avvenivano «abusi scioccanti».

L’organizzazione Ijm ha riferito che nella fabbrica vivevano quasi 200 bambini, la metà dei quali sotto i cinque anni. Una volta raggiunti i 12 anni, la maggior parte di loro lavorava a fianco dei propri genitori. Presenti anche donne incinte alle quali non veniva fatta alcuna agevolazione sul lavoro. Una donna ha raccontato di essere stata costretta a partorire in fabbrica essendole stato vietato di recarsi in ospedale.

Volontari dell’Ijm hanno raccontato che al loro arrivo in fabbrica, molti non riuscivano a credere che fosse giunta finalmente la liberazione. Alla domanda “Chi vuole ritornare in libertà?”, rivolta da un ufficiale governativo, è calato un silenzio assordante. Poi lentamente, un uomo ha alzato la mano, e dietro di lui si sono sollevate in aria centinaia di mani.

Ci sono migliaia di fabbriche di mattoni in India, dove intere famiglie, per onorare debiti contratti a causa dell’estrema povertà, vengono impiegate a veri e propri lavori forzati, diventando vittime di una forma di schiavitù economica.

Una coppia tratta in salvo a Tiruvallur ha riferito al Times of India che era stata portata a lavorare alla fabbrica da un uomo che aveva promesso di prestare loro 17.000 rupie in cambio di un anno di lavoro. Dovendo provvedere ad una figlia di due anni, dopo un raccolto fallito, la coppia ha acconsentito insieme ad altre 50 persone del loro villaggio. Ma al loro arrivo, hanno scoperto che non avrebbero potuto lasciare la struttura, e che non avrebbero potuto fare ritorno dalla loro bambina lasciata nella città natale. Se avessero tentato di scappare, il proprietario aveva minacciato che avrebbe fisicamente abusato dei figli di altre famiglie presenti in fabbrica. «Vogliamo solo vedere di nuovo nostra figlia», hanno detto dopo la loro liberazione i genitori.

Nel 2011 Ijm ha salvato più di 500 persone rese schiave nella stessa fabbrica, il cui proprietario insieme ad altri cinque sono stati ora arrestati.

«L’operazione mette in evidenza il bisogno di lottare contro la schiavitù: se i criminali restano liberi, la violenza continuerà», ha detto un portavoce di Ijm. «Ma se le leggi vengono applicate e i trafficanti vanno in galera, saremo in grado di porre fine alla schiavitù per sempre».

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