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Gipsy Queens

Essere queens, regine, significa ricoprire un ruolo; un tempo e uno spazio in cui agire. Secondo la tradizione, questo luogo e questo tempo, per le donne rom, molto spesso sono la casa e la famiglia. Ecco però che da una prima esperienza che incoraggia alcune di queste donne, provenienti dal campo di via Cardoni nel quartiere Magliana, a prendere la patente, si trasforma in uno stimolo contagioso.

Queste regine, prima della famiglia, ora anche della strada, continuano a riunirsi e a creare occasioni per coltivare la propria autonomia, personale ed economica. La collaborazione e le prospettive crescono fino a creare opportunità lavorative all’interno dell’ambito gastronomico.

Conciliare la tradizione con un percorso di affermazione personale è possibile. «Io l’ho fatto», racconta Maria Miclescu, portavoce del Tavolo delle Donne Rom.

Com’è nato il progetto Gipsy Queens?

«È iniziato da un percorso che hanno fatto altre donne che hanno seguito dei corsi di formazione e dei tirocini. Queste donne hanno raccontato la loro esperienza in un libro, 7 donne rom, edito da Cambiaunavirgola. Ci siamo incontrate in occasione della promozione del libro, che è stato presentato in molti circoli ed è stato ben accolto. Anche al nostro campo, quello di via Candoni, abbiamo voluto proporre la lettura del libro accompagnando la proposta con una festa per celebrare il suo successo, con cibo fatto da noi e musica rom e italiana. Questa bella esperienza ci ha fatto unire e ha fatto nascere il Tavolo delle Donne Rom, un gruppo che si riuniva per approfondire la nostra coscienza civile e conoscere i nostri diritti, per aiutarci nei vari percorsi scolastici e far conseguire a tutte il diploma di terza media, fare orientamento e permetterci di uscire dal campo. In occasione della festa per il libro abbiamo scoperto che a tutte noi piace cucinare, così abbiamo sfruttato questa passione per creare un percorso di inserimento lavorativo, proponendo banchetti e facendo catering. Gipsy Queens è nato così, attraverso il Tavolo elle Donne Rom e con il sostegno di Arci Solidarietà Onlus».

Quali sono i prossimi obiettivi?

«Quello che ora vorremmo fare è espandere la nostra attività e acquistare un furgoncino per uscire dal campo, così da poter proporre il nostro cibo come street food in tutta Roma. Vorremmo andare fuori e socializzare con altre persone, anche per riappropriarci dei nostri diritti, per dimostrare che siamo donne in grado di lavorare e non solo stare in casa».

Con il tempo è cambiato qualcosa nell’interazione tra la vita del campo e il resto della città?

«Io credo ci sia più accettazione. Anche se molti mantengono giudizi negativi su di noi, sono tanti quelli che ci stanno vicino e ci trasmettono la speranza e l’aiuto che ci serve per andare avanti. Se c’è qualcuno che ci dice che abbiamo fatto bene e ci incoraggia, non conta più quello che ci discrimina».

Come descriverebbe il ruolo della donna all’interno della tradizione?

«Il ruolo della donna nella famiglia è molto importante ed è molto preciso: lei sta a casa mentre l’uomo va a lavorare. Ora le nostre aspettative sono cambiate, vogliamo uscire da questo ruolo e far valere di più i nostri diritti, anche quello di avere un lavoro. Vogliamo dimostrare di poter cambiare e di poter ottenere qualcosa dal nostro futuro.

Quello che stiamo facendo è un po’ una rivoluzione, perché anche le donne che sarebbero state solo in casa vedono il nostro esempio e cominciano a pensare di poterlo fare anche loro.

Una grande cosa è che alle donne piace uscire dal campo e sentirsi apprezzate, constatare una vera accoglienza e supporto; vedere che c’è un cambiamento degli italiani rispetto a quello che pensano di noi. Alla gente piace il nostro cibo, ci cerca e ci incoraggia a continuare».

Foto: via b5productions