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La Svizzera dice no alla chiusura

Dal raddoppio della galleria del San Gottardo alle agevolazioni fiscali per le coppie sposate, fino alla proposta di espellere gli stranieri che commettono reati e il provvedimento per vietare la speculazione sulle materie prime alimentari. Le iniziative popolari in Svizzera, che in modo impreciso spesso vengono definite referendum dalla stampa italiana, possono riguardare aspetti molto differenti tra loro, e spesso è difficile trovare un senso generale nell’espressione del voto popolare.

Tuttavia, in questo specifico caso, si può leggere globalmente questo voto come un’apertura. «L’idea di fare un secondo tunnel del Gottardo – racconta Roberto Roveda, storico e giornalista, collaboratore del settimanale Ticino7 – è una questione non solo strutturale, ma anche mentale: significa apertura verso nord e verso sud. Allo stesso modo, l’idea di non espellere gli stranieri che hanno commesso reati, oltre che una questione di etica, è un voto che va in una direzione di tolleranza e apertura. È un voto in controtendenza rispetto ad altre iniziative recenti, che invece avevano determinato chiusure».

L’esito del voto, tuttavia, secondo il teologo Paolo Tognina, redattore delle rubriche religiose della Radiotelevisione Svizzera Italiana, va letto con prudenza. «Qualcuno dice che “non basta una rondine per fare primavera”. Ecco, non voglio fare l’uccello del malaugurio, ma bisognerà vedere se lo spirito che ha portato al “no”, soprattutto nel caso dell’iniziativa per l’attuazione dell’espulsione degli stranieri criminali, avrà conseguenze e durerà».

L’affluenza

Il voto di domenica 28 febbraio è stato di gran lunga il più partecipato negli ultimi anni. Era dal voto sull’adesione allo Spazio economico europeo nel 1992, infatti, che gli svizzeri non si recavano più così numerosi alle urne.

Domenica l’affluenza è stata del 63% circa, certamente lontana dal 78,7% di 24 anni fa, ma comunque in controtendenza rispetto a un astensionismo vicino al 50% negli ultimi anni.

Per Roberto Roveda «è la dimostrazione che erano temi sentiti dalla popolazione, anche perché toccano aspetti pratici della vita».

A contribuire alla forte partecipazione è stata anche la grande mobilitazione della società civile, che negli ultimi mesi ha moltiplicato gli appelli a respingere l’iniziativa promossa dell’Unione democratica di centro, partito conservatore di destra, per l’espulsione dei cittadini stranieri che hanno commesso reati.

Il Sì al raddoppio del San Gottardo

Il 57% dei votanti si è espresso in favore di una seconda galleria stradale al San Gottardo, come auspicato anche dal governo e dal Parlamento. In alcuni cantoni, i “sì” a questo quesito sono stati quasi il 70%, e soltanto nei cantoni di Ginevra e del Vaud gli elettori si sono espressi contro l’opera. La galleria autostradale, lunga 17 chilometri, mette in comunicazione il Canton Ticino con il Canton Uri, ed è considerata fondamentale per il traffico su gomma tra Italia ed Europa del nord. Attualmente ha due corsie, una per senso di marcia, mentre con la proposta approvata si costruirà una seconda galleria, in modo da avere due corsie per senso di marcia. I lavori partiranno nel 2020.

Il No al quesito sulla famiglia

Molto più controverso, e contestato anche da governo e Parlamento, era il quesito dedicato alla famiglia. Si chiedeva di esprimersi su due differenti questioni: la prima parte prevedeva l’introduzione di benefici fiscali per le coppie sposate, che secondo i proponenti sono svantaggiate dalla progressività fiscale, perché quando si calcolano le imposte i redditi dei due coniugi vengono sommati e rischiano di far scattare aliquote superiori, mentre la seconda riguardava una modifica alla Costituzione per introdurre una definizione di matrimonio secondo cui si possono considerare tali soltanto le unioni tra uomo e donna. Per Paolo Tognina, questo quesito, apparentemente innocuo se limitato alla prima parte, «avrebbe ancorato nella Costituzione una certa particolare concezione di che cos’è il matrimonio, escludendo a priori che il matrimonio possa essere tra due uomini e due donne. Il fatto di aver combinato questi due elementi così diversi, cioè quello relativo alla tassazione e quello invece della definizione di che cos’è un matrimonio, ha sancito il fallimento di questa iniziativa».

Il no all’espulsione degli stranieri che commettono reati

L’elettorato svizzero ha poi respinto con il 58,9% dei voti contrari l’iniziativa “per l’attuazione dell’espulsione degli stranieri che commettono reati”. La proposta chiedeva di applicare in modo più rigido il contenuto di un altro referendum votato nel 2010, quando si obbligava il governo ad approvare entro cinque anni nuove leggi per espellere gli stranieri colpevoli di avere commesso un reato. Le leggi erano in effetti state approvate, ma i promotori, tra cui il partito conservatore di destra Udc, non era abbastanza.

«È stata una risposta molto forte – spiega Tognina – perché si sono mobilitati quelli che solitamente non vanno a votare, e la maggior parte di quelle persone ha deciso di votare “no”. Era un’iniziativa discutibile, contraria a un principio democratico e anche allo spirito di una certa proporzionalità delle pene. Le sanzioni sono necessarie, ma a volte quando sono eccessive contribuiscono a creare ulteriori ingiustizie. Se fosse stata approvata avrebbe portato la Svizzera ad adottare criteri punitivi eccessivi». Addirittura, secondo Roberto Roveda, «espellere un immigrato perché ha commesso un reato significa creare dei cittadini di serie A e di serie B».

Il No alla speculazione sulle derrate alimentari

In questo caso la proposta è stata bocciata dal 59,9% dei votanti. Era un’iniziativa che, racconta Roveda, «nasceva già sconfitta in partenza, ma ha rilanciato se non altro la discussione sul tema». Secondo i giovani del Partito Socialista, autori dell’iniziativa, l’applicazione di logiche finanziarie sulle derrate alimentari «ha causato oscillazioni nel prezzo del cibo e contribuito ad aumentare la fame in varie parti del mondo». Il governo e il parlamento avevano consigliato di votare contro, perché agire soltanto sul sistema svizzero, marginale rispetto alle grandi borse delle materie prime alimentari, non avrebbe avuto alcun effetto.

Voci discordanti tra le chiese

«Le chiese – spiega Tognina – hanno preso posizione molto chiaramente contro l’iniziativa per l’espulsione dei criminali stranieri. Questo vale sia per la Conferenza Episcopale Svizzera, sia per la Federazione delle Chiese Evangeliche in Svizzera e da numerosi altri organismi, cattolici e protestanti. Hanno parlato all’unisono, ecumenicamente, contro questa iniziativa».

Tuttavia, non è possibile dire lo stesso a proposito dell’iniziativa che chiedeva sgravi finanziari per le famiglie e che comprendeva una definizione di famiglia molto rigida. Su questo quesito, infatti, la

Federazione delle Chiese Evangeliche in Svizzera ha preferito non prendere posizione, mentre lo hanno fatto alcune chiese cantonali svizzere, che si sono chiaramente espresse contro l’idea voluta dai partiti più conservatori. «Dall’altra parte, però – racconta Paolo Tognina – , la Conferenza Episcopale Svizzera ha sostenuto l’iniziativa, perché abbracciava in pieno la definizione del matrimonio come unione tra un uomo e una donna. Infatti, quando quell’iniziativa è stata bocciata la Conferenza Episcopale Svizzera si è detta molto delusa. Ecco, su questo le chiese non hanno parlato con una sola voce».

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