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L’immigrazione in Europa: un convegno delle chiese riformate

“Migrazioni e aggressione in Europa”: questo il titolo del convegno internazionale che dal 17 al 20 febbraio ha raccolto circa sessanta tra teologi ed esperti del tema a Emden (Germania), nella sede di una prestigiosa biblioteca dedicata agli studi sulla Riforma. Emden, al confine tra Germania e Olanda, è un luogo simbolo della Riforma di tradizione calvinista: nel XVII secolo, infatti, la cittadina accolse gli esuli riformati che fuggivano dai paesi confinanti, offrendo loro rifugio e accoglienza. «Una storia che si ripete – ha affermato con orgoglio il sindaco della città, porgendo il benvenuto ai partecipanti al convegno – perché ancora oggi Emden è all’avanguardia nelle politiche di accoglienza e di integrazione».

Il convegno ha dato molto spazio agli argomenti biblici, teologici e storici connessi al tema delle migrazioni e dell’accoglienza allo straniero, sottolineando come esso ricorra nella tradizione riformata: da Giovanni Calvino che scrisse un commentario sull’Esodo, alla storia delle diaspore riformate – non ultima quella valdese – costrette a peregrinare in Europa alla ricerca di sostegno, protezione e alleanze.

«Il dibattito ha espresso la forza dell’impegno delle chiese riformate nella gestione delle massicce migrazioni di questi anni – commenta Paolo Naso, coordinatore delle relazioni internazionali del progetto “Mediterranean Hope” della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e relatore al convegno – e ha dato la misura di quanto le chiese possano fare per accogliere, sostenere, integrare. Anche dal piccolo osservatorio di questo Convegno è emerso come a volte le chiese sappiano fare di più e meglio dei governi nel tentare soluzioni a una crisi che non si risolve alzando i muri o chiudendo le porte ai profughi. Esiste un diritto umanitario che oggi le chiese affermano con più coerenza e credibilità degli Stati. L’attenzione e la considerazione di varie chiese europee al progetto della Fcei e della comunità di Sant’Egidio per i ‘corridoi umanitari’ ne è una prova eloquente».

Foto via Pixabay